Carola è stata arrestata. Non per aver portato i 42 migranti sulla terra ferma o per aver oltrepassato i confini italiani con la nave battente Sea Watch, ma per il reato di resistenza o violenza contro una nave da guerra. Questi diciassette giorni hanno, ancora una volta, messo in luce non solo la gravi lacune dell’attuale amministrazione politica salviniana, che ha costruito la sua imperitura campagna elettorale sui flussi migratori,ma anche come la comunicazione dei strateghi dei giorni d’oggi sia in grado di solleticare gli istinti più bassi delle persone, lasciando spazio solo all’indignazione e al vittimismo e dimenticando le analisi lucide, fatte con i dati reali.
La Rackete, stando alle parole delle GdF, avrebbe messo in pericoloso le forze dell’ordine con una manovra pericolosa, dopo aver ignorato tre volte l’ordine di fermarsi. Dovrà adesso affrontare un processo che stabilirà la verità: se la giustizia la dichiarerà colpevole, è giusto che paghi per questo reato (attualmente si trova ai domiciliari). La Sea Watch ha violato le leggi della navigazione e il Decreto Salvini, ma il quadro generale è ben più complesso.
Carola ha chiesto aiuto per “stato di necessità”, superando deliberatamente i confini italiani. Perché non si è diretta, ad esempio, verso Malta? Perché esistono i trattati internazionali che impongono al capitano della nave di approdare al paese più vicino. In questo caso non si trattava di Malta, che in materia di immigrazione subisce una situazione ancor più critica. Perché gli immigrati che transitano per l’Italia e che migrano verso gli altri Stati, sono rimandati indietro? Perché esistono i tanto discussi Trattati di Dublino . Si tratta di un regolamento dell’Unione Europea, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo. Tra i punti più dibattuti della convenzione, vi è quello che determina che le richieste di asilo degli immigrati in Europa debbano essere esaminate dal “paese di prima accoglienza”. Paese che, nella maggior parte dei casi, è l’Italia. Il sistema attuale non riesce a fornire una protezione equa, efficiente ed efficace, ma è importante ricordare le varie revisioni che il Trattato ha subito nel corso del tempo. La seconda è quella del 2003, firmata sotto il governo Berlusconi. All’epoca, il ministro della Giustizia era Roberto Castelli della Lega Nord, quello dell’Interno era Beppe Pisanu e quello degli esteri Franco Frattini, entrambi di Forza Italia. Le stesse forze politiche che oggi si battono il petto per la “salvezza” degli italiani contro l’invasione straniera. Sono state fatte poi diverse proposte di riscrittura del trattato, l’ultima quella di Elly Schlein nel 2018 (eletta in passato nelle liste del PD, passata poi a Possibile). Nella proposta della Schlein la regola del paese di prima accoglienza era stata eliminata e sostituita da un ricollocamento automatico degli immigrati “per quote” nei vari paesi europei. Peccato che la parte politica che avrebbe potuto giocare un ruolo fondamentale in questa storia non si sia mai presentato alle 24 riunioni convocate per la modifica del regolamento: la Lega. La Lega successivamente si è astenuta dalla votazione, il M5S ha votato direttamente contro. Perché? Perché i paesi del blocco di Visegrad, gli alleati sovranisti di Salvini, non volevano sentir parlare di “ridistribuzione”. Orban e tutti gli altri non vogliono un singolo immigrato nei loro territori.
Mettiamo da parte ora i trattati di Dublino e torniamo ai porti più vicini e più sicuri. Perché l’Italia e non, allora, la Tunisia? Perché non ha firmato la Convenzione di Ginevra e perché, spesso, ha riportato indietro i migranti in Libia. La Libia non è considerato porto sicuro: lo sapeva bene il PD, quando Minniti strinse i suoi accordi con il governo libanese, accordi che prevedevano solo in una fase successiva l’intervento delle Nazioni Unite per svuotare i campi di prigionia in cui i migranti sono rinchiusi in condizioni spaventose. Lo sa bene Salvini, che ha ereditato e conservato solamente l’accordo relativo alle partenze dei barconi dalla costa libica, dimenticandosi di onorare gli impegni presi dal governo precedente. E se a novembre dello scorso anno Conte annunciava che il 2019 sarebbe stato l’anno della pace, la situazione peggiora di settimana in settimana.
“Quando il saggio indico la luna lo stolto guarda il dito”, recita un antico proverbio cinese. Questa volta, il dito di Matteo Salvini era puntato sulla Sea Watch 3, mentre nel resto d’Italia altri 300 immigrati sono sbarcati in quei 14 giorni in cui Carola Rackete ha vagato senza meta per il Mediterraneo. Ormai la propaganda leghista è andata così oltre l’immaginabile umano, che è impossibile dire quando è stato stabilito che tutto è consentito: è consentito che il rappresentante di un partito invochi l’affondamento di una nave con a bordo dei passeggeri, è consentito che il popolo inneggi all’odio e alla violenza lasciandosi andare ai più biechi, sessisti e razzisti commenti sui social e nella vita vera. Nel frattempo, la strumentalizzazione di certi eventi cela agli occhi dei più due cose: prima di tutto, il cammino che ha condotto l’Italia a questa fase della sua storia, una pagina buia, in cui maggioranza e opposizione hanno egual responsabilità; poi, la consapevolezza che l’Italia è sempre più isolata. L’arresto di Carola, la minaccia di Salvini di rinnegare Schengen, le nuove teorie economiche portate avanti dai leghisti, sono solo la dimostrazione che il centro destra vuole portare a termine il suo progetto di Italexit una volta per tutte. E questo accade sotto gli occhi di una sinistra addormentata e dell’alleanza grillina che, ormai, si lascia portare via fette sempre più grandi di elettorato.
Carmen Palma
In ogni territorio di qualsiasi Nazione, prima degli accordi Europei, vi sono leggi nazionali da rispettare, anche se non si condividono.
La pretesa di questa Carola, sembra un capriccio di una bambina, che vuole a qualsiasi costo farsi una pubblicita’ mondiale sulle disgrazie di questi poveri profughi, accompagnata e protetta da qualche politichicchio del PD.
Dal primo giorno sapeva che i porti italiani erano chiusi al suo sbarco, e se veramente voleva prestare soccorso a quei profughi, poteva farli sbarcare altrove e successivamente denunciare lo Stato Italiano.
Invece ha tenuto “sequestrati” per 14 giorni sulla sua nave e sfidare le leggi italiane, sino allo sfondamento dei mezzi militari italiani.