La Festa Patronale 1920 (di cento anni fa) in onore di Maria SS. Maggiore di Siponto ebbe luogo come da tradizione nei giorni di 29-30 e 31 agosto. Il programma della Festa di quell’anno, come da depliant, riporta quanto segue:
Giorno 29 agosto:
ore 5 – Sparo di alcuni “calecasse” (botti pirotecnici). Suono a distesa di tutte le campane delle chiese della Città che annunciavano l’inizio deli Festeggiamenti in onore della Madonna di Siponto e servizio della Banda musicale comunale di Manfredonia per le vie della Città. Ore 7,00-Giro per le vie cittadine del complesso bandistico di San Severo. Ore 9-13 – Matinèe sotto il Municipio sul palchetto in legno delle Bande di Manfredonia e di San Severo. Ore 18,00 Vespri solenni nel Duomo, sfarzosamente apparato dagli artisti Giovanni Apollonia e figli di San Marco in Lamis. Ore 21-Servizio in Orchestra in Piazza Duomo, illuminata a gas acetilene dalla ditta Raffaele Campanile di Ruvo di Puglia.
Giorno 30 agosto
Ore 8-Giro delle bande musicali di Manfredonia e San Severo per le vie della Città. Ore 9-13 matinèe in piazza Municipio, sempre delle due Bande con esibizione sul palchetto in legno. Ore 10 – In Cattedrale, l’Arcivescovo di Manfredonia e di Vieste Pasquale Gagliardi tenne il solenne Pontificale con musica in orchestra diretta dal prof. Cherubino Salvatore Murgo di Manfredonia. Ore 17-Gara di battelli nelle acque del porto. Ore 20-Accensione grande e artistica illuminazione a gas acetilene in corso Manfredi, in piazza Municipio e in piazza Duomo. Ore 21-Concerti eseguiti in Orchestra in Piazza Duomo dai complessi Bandistici di Manfredonia e di San Severo. A conclusione delle esibizioni delle Bande, fuochi d’artificio eseguiti dal bravo pirotecnico di Manfredonia Giuseppe Gelsomino.
Giorno 31 agosto
Ore 8- Giro delle Bande per le vie della Città. Ore 9-13 – Esibizione (matinèe) in piazza Municipio delle Bande di Manfredonia e di San Severo. Ore 10.30 – Messa solenne celebrata in Cattedrale dal Rev.mo Arcidiacono del Capitolo Metropolitano Sipontino Mons. Francesco Paolo Russo. Ore 17- Solenne processione del Sacro Quadro Maria SS. di Siponto con intervento delle autorità comunali e Commissione organizzatrice della Festa Patronale. Al ritiro della Sacra Icona, in Piazza Duomo fragorosa batteria offerta per devozione dalla locale sezione “Mutilati e Combattenti”. Ore 20 – Accensione Luminarie in Corso Manfredi, Piazza Municipio e Piazza Duomo. Ore 22- Servizio in orchestra (cassarmonica) dei Complessi Bandistici di Manfredonia e San Severo. A conclusione, accensione dei fuochi d’artificio, tenuti in zona fuori Porta Foggia e, fatti brillare dal bravissimo pirotecnico “u sparapizze” sipontino Daniele Gelsomino. Va ricordato che l’artificiere manfredoniano Daniele Gelsomino, nel 1909 fu premiato con una medaglia d’oro, per l’esibizione dei fuochi d’artificio tenuti all’Esposizione Internazionale di Parigi.
TRADIZIONI E USANZE DURANTE LA FESTA PATRONALE
Tradizione voleva, che il pomeriggio del 22 agosto, dopo lo sparo del mortaretto “u calecasse” che avvertiva la popolazione “ca c’iavove ji a pegghjè u Quedre a Madònne a Sepònde”, i sipontini si recavano presso l’antica chiesa di Siponto a prendere la Sacra Icona per portarla a spalla in solenne processione tra canti e preghiere in Città per il rito del Novenario in Cattedrale, in preparazione della Festa Patronale. La sosta della processione con il Sacro Quadro, prima dell’ingresso in Città, si teneva fino agli anni ’30 in zona Torrione del Fico (Cala dello Spuntone). Il pomeriggio del primo settembre, il prezioso e antico dipinto della Madonna di Siponto, sempre con rito processionale veniva riportato nella sua antica dimora della Chiesa di Siponto. Questo antico rituale, ha avuto luogo fino alla fine degli anni ‘60 al tempo dell’amato arcivescovo di Manfredonia Andrea Cesarano. Va ricordato che nel corso dei riti processionali, per devozione, molte donne andavano scalze dietro il Sacro Quadro della Madonna di Siponto. Era consuetudine, fino agli anni ’20, prima della Festa Patronale, in particolare nelle strade dove doveva passare la processione della Sacra Icona, imbiancare i muri esterni dei pianoterra “pa cavece bbianghe da calechére” (calce bianca prodotta un tempo dal fornaciaio).
Ognuno, poi, su indicazione delle autorità comunali puliva la strada nelle vicinanze della propria casa. Il sindaco della Città, prima della Festa Patronale, con manifesto pubblico vietava di circolare nei giorni 29 – 30 e 31 agosto nelle vie principali della Città con carrozze, carrette, carrettoni e “ssciarabbà” (calesse) trainati da cavalli e asini. Qualche giorno prima della festa, scendevano “i Mundagnule” (i residenti in zona “S.Salvatore” e “Tomaiuolo” che venivano a vendere in Città “i iaddòcce ruspande”, con i quali, le massaie sipontine, come da tradizione, preparavano il ragù per il giorno 30 agosto. I galli “i jallòcce” venivano venduti anche da agricoltori locali, che erano soliti allevare polli “i iaddòcce pa Festa” da consumare in famiglia in occasione della Festa Patronale ed altri da vendere in Città. Questa consuetudine di allevare due-tre galli in un pollaio (con i quali le nostre massaie preparavano il ragù in occasione della Festa Patronale), aveva luogo anche nelle botteghe artigianali, dove in un angolo si posizionava un pollaio per crescere i polli. Va ricordato, che al povero gallo, prima di essere soppresso, venivano “attacchete scille e pite” legate le ali e le zampe. Poi, tenuto a testa in giù, con un catino posto sotto la testa del pennuto, gli si infilava le forbici nella gola e si tagliava “u canaruzze” facendo sgocciolare il sangue nel contenitore, fino a farlo dissanguare completamente. Era sicuramente una esecuzione alquanto barbara, che portava il gallo “a sceddeché” prima di morire. Il sangue del “malcapitato” gallo non veniva buttato ma fatto fritto. Il pennuto, poi veniva messo in acqua bollente e “speléte” (tolte le penne), ripulito delle interiora e fatto a pezzi per preparare il sospirato ragù. Aldilà del “martirio” del povero gallo, dovete considerare signori che in quegli anni a Manfredonia “a fianghétte abbattòve” (il popolino soffriva la fame più nera) e poi “alla Festa Madònne” era un’occasione importante per mangiare un po’ di carne, che molti la vedevano “pe l’ucchialòne”. Fino agli anni ’30-’40 del secolo scorso, i banditori locali Costantino Sapone e Antonio Potito detto “Melòne”, qualche giorno prima della festa patronale, dietro compenso della Commissione Organizzatrice della Festa, rendevano pubblica a tutta la cittadinanza che era aperta la gara per l’offerta in danaro che doveva stabilire l’affidamento dei portatori del Sacro Quadro durante la solenne processione del 31 agosto. Durante i giorni della Festa “I nucellére” (la maggior parte forestieri, che facevano il riposo notturno dormendo sotto le loro carrettelle) giravano per le vie cittadine, in particolare all’ora di pranzo, per vendere le loro mercanzie con il loro caretteristico grido quasi lamentoso. Era di rigore acquistare nei giorni della Festa “nucèlle, nucellin’amerechene, castagne e terròne” (nocciole avellana, arachidi, castagne cotte in forno e torrone). Per i sipontini (uomini e donne) i giorni della Festa Patronale erano occasione per indossare un vestito nuovo o scarpe nuove. Persino i pescatori, che solitamente andavano sempre scalzi, nei giorni della Festa Patronale calzavano un paio di scarpe. Ma non tutti. Alcuni, per far vedere che avevano comprato un paio di scarpe, le tenevano legate con i lacci e le portavano appese a mò di bisaccia su una spalla. Per i bambini “a Festa Madònne” era l’occasione per farsi comprare dai genitori “u pallone a gas” e “u parapalle” (parapallo) con i quali giocare. Negli anni ’20, funzionavano in loco due alberghi: l’Hotel Daniele (sito sulla piazzetta Mercato) e il Grand Hotel Excelsior (in via dell’arcangelo), dove i forestieri (bagnanti) soggiornavano durante l’estate. Sotto l’albergo Daniele, all’interno del porto, fino al 1920 erano ubicati gli stabilimenti balneari costruiti con sistema a palafitte sul mare di Tullio De Marzo e quello di Carlo Titta. Agli inizi degli anni ’20, gli stabilimenti balneari ingranditi e abbelliti sempre con costruzioni in legno a palafitte sul mare furono trasferiti in zona spiaggia Castello, dove fu installato anche il nuovo stabilimento balneare di Giovanni Tricarico. Manfredonia nel 1920 era certamente una Città dove regnava la povertà, ma era abitata da gente affabile, ospitale e dignitosa, che aveva anche, tanta devozione per la Madonna di Siponto.
MANFREDONIA NEL 1920 – VITA CITTADINA – NOTIZIE STORICHE
Nella primavera 1920, scrisse Michele Magno nel suo libro: “Cronache manfredoniane” (dall’unità d’Italia alla dittatura fascista), ebbero luogo a Manfredonia nuove agitazioni e scioperi di braccianti per il patto di lavoro, già tenuti con forti rivendicazioni salariali nel 1919. Negli ultimi giorni di maggio, la situazione diventò preoccupante, tant’è che il sindaco Simone fu costretto a inviare un telegramma al prefetto, dove evidenziò che circa 400 contadini malintenzionati scesi da Monte S.Angelo armati di falci e randelli avevano invaso proprietà private obbligando con minacce liberi lavoratori a smettere il lavoro di mietitura per imporre così ai proprietari di corrispondere loro la tariffa pretesa. Si ebbero scioperi, sempre in quell’anno, anche al molino-pastificio “D’Onofrio & Longo” e al cementificio “La Sipontina” della ditta Santollina. Motivo principale, la riduzione dell’orario di lavoro e l’aumento dei salari, sviliti dall’inflazione crescente. Alle elezioni amministrative del 1920 il Partito Socialista Italiano registrò in Capitanata un successo strepitoso, tanto da ottenere 25 dei 50 seggi del consiglio provinciale. Il candidato al consiglio comunale più votato del partito socialista fu il capolista Angelo Donnamaria. Il 18 febbraio 1920, in una riunione indetta dal sindaco Simone e svoltasi nel palazzo comunale sotto la presidenza di Giuseppe Grassi, fu costituito “il Fascio delle Forze Liberali e Democratiche”, che vide la partecipazione di rappresentanti dell’associazione agraria e dei circoli Operaio, Cattolico, Liberale, degli Armatori, dei Carrettieri e dei muratori. La proposta del Sindaco di costituire “il fascio” fu accolta senza alcuna obiezione o riserva al termine della riunione, con voto unanime. Il 20 settembre 1920, l’Associazione Nazionale Reduci e Combattenti di Manfredonia inaugurò in Piazza Municipio una targa marmorea commemorativa con i nomi dei soldati di Manfredonia morti nella Grande Guerra.
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Invece quest’anno nulla. Pentitevi che il bello deve ancora venire.