MANFREDONIA (FOGGIA) – (Di Michele Illiceto) Abbiamo ingessato Maria in un sacro disincarnato, quando invece Maria è stata una ragazza che non si è affatto omologata, non si è allineata. Al contrario, è stata una ragazza scomoda, portatrice del seme di tutte le rivoluzioni. Maria ha rovesciato le gerarchie con la logica del servizio, ha abitato i luoghi di nessuno rendendo dimore i luoghi dimenticati, ha abitato le frontiere con la logica della prossimità e dell’ospitalità, ha smascherato le retoriche politiche e religiose, ha ridato senso alle parole consumate, ha riacceso la brace che dorme sotto la cenere. Maria ha affrontato la facile tentazione del nichilismo che è quella di cedere alle varie forme di morte solo perchè a volte vivere è molto faticoso.
E allora, in questa festa patronale, che cosa possiamo chiedere a Maria quest’anno? Forse dovremmo chiedere una quota di coraggio in più, per osare e sognare, per impegnarci insieme a migliorare noi stessi per migliorare insieme questa nostra città. Per fare ciascuno “il primo passo”, senza per forza aspettare che lo facciano gli altri per primi.
E in questa invocazione ci facciamo aiutare dalle tante preghiere che don Tonino Bello rivolgeva a Maria, Vergine del mattino, per chiederle “la gioia di intuire, pur tra le tante foschie dell’aurora, le speranze del giorno nuovo”. Che Maria, donna coraggiosa, ci aiuti a non farci “tremare la voce quando, a dispetto di tante cattiverie e di tanti peccati che invecchiano il mondo, osiamo annunciare che verranno tempi migliori”.
Che sulle nostre labbra più che il lamento prevalga lo stupore, più che lo sconforto sovrasti l’operosità, in modo che lo scetticismo non schiacci l’entusiasmo. Che la pesantezza del passato non ci impedisca di cambiare il presente s’ far nascere un futuro nuovo. Che Maria ci aiuti a non essere uomini del potere ma uomini del servizio, non con gli scettri in mano ma con il grembiule cinto ai fianchi
Che Maria, “donna della decisione”, illumini la nostra mente e il nostro cuore, perché sappiamo obbedire alla Parola liberante e rivoluzionaria del Vangelo, e farlo “senza tentennamenti”. Che ci doni “il coraggio della decisione, per non lasciarci trascinare perché altri orientino la nostra vita”.
Potremo chiedere a Maria, giovane ragazza, di “scommettere con più audacia sui giovani, e preservaci dalla tentazione di blandirli con la furbizia di sterili parole, consapevoli che solo dalle nostre scelte di autenticità e di coerenza essi saranno disposti ancora a lasciarsi sedurre”.
Accanto a tali domande dovremmo forse anche chiedere il coraggio di “intridere di sogni le sabbie del nostro realismo”, e diventare finalmente “cultori delle calde utopie dalle cui feritoie sanguina la speranza sul mondo, consapevoli che “additare le gemme che spuntano sui rami vale più che piangere sulle foglie che cadono.
A Maria, che ha sperimentato le tribolazioni dei poveri, potremmo chiedere si aiutarci a mettere a loro disposizione la nostra vita, “con i gesti discreti del silenzio e non con gli spot pubblicitari del protagonismo. Renderci consapevoli che, sotto le mentite spoglie degli affaticati e degli oppressi, si nasconde il Re dei re.
A Maria, Vergine del meriggio, chiediamo che, quando nel meriggio di certe situazioni, vediamo le nostre lanterne spegnersi, a Maria possiamo chiedere di “strapparci dalla desolazione dello smarrimento e ispirarci l’umiltà della ricerca”, perché le nostre anfore si riempiano di olio destinato da un lato a bruciare dinanzi a Dio e dall’altro per lenire le ferie di ogni uomo. Perché “la luce della fede, anche quando assume accenti di denuncia profetica, non ci renda arroganti o presuntuosi, ma ci doni il gaudio della tolleranza e della comprensione.
Soprattutto, però, forse è opportuno chiedere che veniamo liberati dall’idea che il “credere in Dio rimanga estraneo alle scelte concrete di ogni momento sia pubbliche che private, e corra il rischio di non diventare mai carne e sangue sull’ altare della ferialità”.
Ma Maria è anche “Vergine della sera”, quando si fa ritorno a casa, e si assapora la gioia di sentirsi accolti da qualcuno, e si vive la letizia indicibile di sedersi a cena con gli altri. A Lei potremmo chiedere “il regalo della comunione” per prevenire le frammentazioni e le divisioni, i conflitti e gli abbandoni, le emarginazioni e le esclusioni. Per non lasciare mai nessuno ad affrontare da solo le grandi sfide della vita.
Chiediamo questa capacità di fare comunità per la nostra città, “che spesso lo spirito di parte riduce così tanto a terra contesa, che a volte sembra diventata terra di nessuno”. Chiediamo un maggiore amore per la cosa pubblica. Ma chiediamo una maggiore comunione anche “per le nostre famiglie, perché il dialogo, l’amore crocifisso, e la fruizione serena degli affetti domestici, le rendano luogo privilegiato di crescita cristiana e civile”.
Chiediamo questa unità e coesione anche “per tutti noi, perché, lontani dalle scomuniche dell’egoismo e dell’isolamento, possiamo stare sempre dalla parte della vita, là dove essa nasce, cresce e muore”.
Ma chiediamola anche “per il mondo intero, perché la solidarietà tra i popoli non sia vissuta più come uno dei tanti impegni morali, ma venga riscoperta come l’unico imperativo etico su cui fondare l’umana convivenza. E i poveri possano assidersi, con pari dignità, alla mensa di tutti. E la pace diventi traguardo dei nostri impegni quotidiani”.
Infine, a Maria, “Vergine della notte”, possiamo chiedere di starci vicino nelle nostre “notti”, specie “quando incombe il dolore, e irrompe la prova, e sibila il vento della disperazione, e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni o il freddo delle delusioni, o l’ala severa della morte”.
Che nell’ora del nostro Calvario, “Maria, la quale ha sperimentato l’eclisse del sole, possa stendere il suo manto su di noi, sicché, fasciati dal suo respiro, riusciamo a sopportare la lunga attesa della libertà. Che possa alleggerire con carezze di madre la sofferenza dei malati e riempire di presenze amiche e discrete il tempo amaro di chi è solo. Spegnere i focolai di nostalgia nel cuore dei naviganti, e offrire loro la spalla perché vi poggino il capo”.
Che tutti noi possiamo. ripetere ancora oggi la canzone del Magnifìcat, per annunciare “straripamenti di giustizia a tutti gli oppressi della terra”.
Che Maria “non ci lasci soli nella notte a salmodiare le nostre paure”. Anzi, se nei momenti dell’oscurità si metterà vicino a noi e ci sussurrerai che anche Lei, Vergine dell’avvento, sta aspettando la luce, “siamo certi che le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto”.
E finalmente sveglieremo insieme l’aurora. Quella in cui nessuno crede, quella che nessuno vede solo perché ha gli occhi spenti e lo sguardo altrove, ma che si trova comunque scritta nei nostri aneliti e nei nostri gemiti. Dentro ai nostri cuori.
Quell’aurora che, tuttavia, nonostante i segnali bui, già albeggia, silenziosa e nascosta, dentro ciascuno di noi, convinti che basta poco per tirarla fuori, sì da darle seguito per aiutare questa città a rialzarsi e a rinascere.
E così sia!
A cura di Michele Illiceto
Onorate Dio l’unico degno di lode, adorazione e gloria e non uomini o donne che giacciono nella tomba…