La difesa di Carinci, rappresentata dall’avvocato Emiliano D’Onofrio, ha richiesto il giudizio con rito abbreviato, contestando l’aggravante della crudeltà, che renderebbe inapplicabile questa modalità di giudizio. Secondo il legale, la crudeltà presuppone piena consapevolezza e volontà dell’azione, condizioni incompatibili con il riconoscimento, da parte di una consulenza tecnica, dell’incapacità di intendere e volere dell’imputato al momento dei fatti. Lo riporta foggiatoday.it.
L’esclusione dell’aggravante, sostiene la difesa, aprirebbe la strada al rito abbreviato.
La decisione è stata rinviata al prossimo febbraio, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale, previsto per il 10 dicembre 2024, su un caso analogo portato dinanzi alla Corte d’Assise di Cassino, che potrebbe fornire orientamenti utili.
Nel processo, i figli della vittima, Emanuela e Salvatore Natale, si sono costituiti parte civile, rappresentati dagli avvocati Raffaele e Gianfranco Di Sabato. “I nostri assistiti vogliono giustizia per la madre,” ha dichiarato l’avvocato Di Sabato, aggiungendo che si opporranno alla richiesta di rito abbreviato.
Le accuse
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Carinci avrebbe fatto irruzione nell’abitazione dell’anziana dopo aver visto la donna entrare. L’avrebbe colpita violentemente, scaraventandola contro una credenza e continuando ad aggredirla con calci e pugni, causando traumi fatali al cranio e al volto. Al reato sono state contestate le aggravanti della crudeltà e dell’aver agito approfittando dell’età della vittima, che ne ostacolava la difesa.
Il giorno dell’omicidio, il 43enne avrebbe seminato il caos per circa mezz’ora, spostandosi tra via Matteotti e via Sergente Padovano. In quel lasso di tempo, l’uomo avrebbe tentato di entrare in un’altra abitazione, colpito auto e oggetti e minacciato i passanti, ferendosi e sporcandosi di sangue. È stato bloccato dai carabinieri dopo una violenta colluttazione, durante la quale ha aggredito due militari, provocando loro lesioni guaribili in 20 giorni.
Le perizie disposte dalla Procura hanno confermato che l’imputato, pur essendo attualmente capace di partecipare al processo, al momento dei fatti non era in grado di intendere e volere ed è stato definito persona socialmente pericolosa.
Fonte: foggiatoday.it