Roma – INARRESTABILE il bollettino delle morti bianche: nel 2011 sono stati 553 i decessi rilevati contro i 526 del 2010 (27 casi in più pari ad un incremento del 5,1 per cento). A rivelarlo è l’ultima indagine condotta dagli esperti dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, la società mestrina che da oltre due decenni è in prima linea sul fronte della sicurezza dei lavoratori. Si chiude così tragicamente il bilancio biennale delle morti nei luoghi di lavoro.
E la Lombardia anche nel 2011 fa registrare il maggior numero di vittime (72), seguita da Piemonte ed Emilia Romagna (49), dal Veneto (45), dalla Toscana (40) e dalla Campania (39). Altrettanto vicine ai primi posti si trovano anche la Sicilia (36), il Lazio (35) e la Puglia (33). Ma se in termini assoluti il record spetta alle regioni più produttive e più estese, quando gli esperti di Vega Engineering rapportano le morti bianche alla popolazione lavorativa, allora è la Valle D’Aosta a far emergere il dato più allarmante con un indice di incidenza pari a 70,1 contro una media nazionale di 24,2, vale a dire che in Valle D’Aosta si muore più del doppio della media nazionale. Ed è seguita dal Molise (55,3), dall’Abruzzo (52,7), dall’Umbria (43,7) e dal Trentino Alto Adige (42,6). Sopra la media anche il dato riferito alla Basilicata (32,4).
E ancora: la provincia colpita più duramente è Brescia con 18 vittime nel 2011 (lo scorso anno erano Bolzano e Roma con 20 decessi), seguita da Torino (17), da Milano, Bolzano e Frosinone (13), da Roma, Bologna e Napoli (12). Dieci le morti bianche a Cuneo, Perugia, Reggio Emilia, l’Aquila e Chieti (10).
Tornando alle incidenze rispetto alla popolazione lavorativa è, invece, Nuoro a condurre le fila con un indice pari a 88,1; vicinissima a L’Aquila (85,1), a Savona (80,5) e a Benevento (80). Indicatori decisamente più virtuosi in tal senso vengono rilevati nelle grandi province: Roma (7), Milano (7,4), Napoli (15,4), Torino (18,3), Firenze (18,7), Palermo (17,4). Sul fronte delle macroaree geografiche, e rapportando le morti bianche alla popolazione lavorativa, è il Sud a fornire lo scenario peggiore (26,6), seguito dalle Isole (26,1), dal Centro (25,5), dal Nordest (24,9) e dal Nordovest (20,5).
Osservando, poi, l’andamento degli incidenti nel corso della settimana, spicca il lunedì come giorno più nero per i lavoratori. Analizzando la situazione per settori, invece, l’agricoltura continua a detenere il primato dei decessi con il 39,6 per cento delle vittime (lo scorso anno era 34,6 per cento). Mentre nel settore delle costruzioni si registra il 22,2 per cento dei decessi sul lavoro nel Paese (nel 2010 si superava il 28 per cento). A distanza, nella classifica delle morti bianche per settore, si trovano i valori del commercio e delle attività artigianali (13,4 per cento), quelli di trasporti, magazzinaggi e comunicazioni (5,1 per cento), di produzione, distribuzione e manutenzione energia elettrica, acqua e gas (3,4 per cento).
La caduta dall’alto e il ribaltamento di un veicolo o di un mezzo in movimento sono invece le cause principali di morte (rispettivamente nel 24,2 per cento e nel 21,9 per cento dei casi). Altrettanto drammatica la percentuale di coloro che muoiono schiacciati per la caduta di oggetti pesanti (17, 7 per cento oltre 6 punti in percentuale in più sul 2010). Si continua a morire inoltre per: investimento di un mezzo (7,1 per cento dei casi), contatto con organi lavoratori in movimento (4,9 per cento), contatto con oggetti/mezzi in movimento (4 per cento) e contatto elettrico diretto e indiretto (4,2 per cento).
La fascia d’età maggiormente coinvolta nel dramma è quella compresa tra i 45 e i 54 anni, (126 vittime). Insieme a quella degli ultra sessantantacinquenni (115). Degno di nota il fenomeno infortunistico mortale che colpisce i più giovani (dai 15 ai 24 anni). La probabilità di un evento mortale per il giovane lavoratore è il 62% più alta dei lavoratori che hanno un’età compresa tra 25 e 44 anni. E questo è un dato inquietante se si pensa che questi ragazzi non sono nelle condizioni esperenziali di esprimere un giudizio sulle condizioni di lavoro in sicurezza e sono quindi totalmente dipendenti dai propri preposti o datori di lavoro, che in tal modo diventano dei veri e propri decisori delle giovani vite.
Sensibilizzata particolarmente da questo fenomeno, Vega Engineering ha messo a disposizione il proprio Osservatorio e le risorse disponibili alla Fondazione Andrea Rossato che ha come scopo prioritario la tutela della sicurezza dei più giovani. Nell’elaborazione di Vega Engineering, poi, si scopre che gli stranieri rappresentano il 13,1 per cento dei decessi pari a 72 morti (nel 2010 erano l’11,3 per cento pari a 59 decessi). Rumeni ed albanesi i lavoratori più colpiti dal dramma. Mentre le donne che nel nostro Paese hanno perso la vita al lavoro sono 18 (una vittima in più del 2010 nell’universo femminile delle lavoratrici).
VARIAZIONI MAGGIORMENTE SIGNIFICATIVE DEL BIENNIO 2010-2011. Sono stati 1079 i decessi rilevati nel biennio 2010-2011 (526 nel 2010 e 553 nel 2011 – con un incremento del 5,1 per cento). La zona più colpita in termini numerici è stata il Centro del Paese con 188 casi rispetto ai 145 registrati nel 2010. Segue nel podio dei record negativi il Nordovest che nel 2010 contava 121 vittime e nel 2011 è arrivato a 140. La Lombardia in cima alla graduatoria per tutto il biennio (nel 2010 con 74 nel 2010 e 72 nel 2011).
Mentre se sul podio accanto alla Lombardia nel 2010 c’erano Veneto (55) e Campania (44), nel 2011 sono entrate al secondo posto Piemonte ed Emilia Romagna (49 morti), seguite dal Veneto (45) e dalla Toscana (40). Nella graduatoria provinciale in termini numerici nel 2010 la maglia nera spettava a Bolzano e a Roma (20 vittime) quest’anno tocca a Brescia guidare la classifica con 18 morti sul lavoro. Seguivano nel 2010 Brescia (17 morti), al terzo Napoli (16), al quarto Milano (15). Nel 2011 la classifica è cambiata e così a Brescia seguono Torino (17), Milano, Bolzano e Frosinone (13), Roma, Bologna e Napoli (12). Dieci le morti bianche a Cuneo, Perugia, Reggio Emilia, l’Aquila e Chieti (10).
Nel rapporto tra occupati e morti bianche a livello regionale nel 2010 era il Trentino Alto Adige ad emergere con un indice di incidenza pari a 62,2 contro una media nazionale di 27,1 ed era seguito dall’Abruzzo (38,4) e dalla Calabria (37,5). Nel 2011 invece la Valle D’Aosta guida il Paese con un indice di incidenza pari a 70,1 contro una media nazionale di 24,2. Ed è seguita dal Molise (55,3), dall’Abruzzo (52,7), dall’Umbria (43,7) e dal Trentino Alto Adige (42,6). Sopra la media anche il dato riferito alla Basilicata (32,4).
Analizzando i settori economici si scopre che nel 2010 l’agricoltura faceva rilevare il 34,6 per cento delle morti bianche mentre nel 2011 è aumentata arrivando al 39,6 per cento. Contestualmente è diminuita invece la percentuale delle vittime nel settore delle costruzioni (dal 28,1 per cento del 2010 al 22,2 del 2011). Significativo, poi, l’aumento delle morti bianche nel commercio, ingrosso dettaglio e attività artigianali (dai 28 casi del 2010 ai 74 casi del 2011).
Le cause di morte più frequenti non sono cambiate nel biennio, ovvero la caduta dall’alto e il ribaltamento di un veicolo o di un mezzo in movimento; anche se hanno subito variazioni opposte. La caduta dall’alto è infatti diminuita (dal 27,1 per cento del 2010 al 24,2 del 2011). E il ribaltamento di un veicolo o di un mezzo in movimento è aumentata (dal 18,8 del 2010 al 21,9 per cento del 2011). Un incremento del 6,5 per cento è emerso poi per i casi di morte dovuti a schiacciamento per la caduta di oggetti pesanti (17,7 per cento nel 2011, vale a dire 6,5 punti in percentuale in più sul 2010). Gli stranieri vittime di un infortunio mortale nel 2010 sono stati 59 ed erano l’11,3 per cento delle morti bianche di tutto il Paese, nel 2011 sono stati 72 i decessi pari al 13,1 per cento di tutte le vittime del Paese.
Redazione Stato