“Belìn, questo ha perso più battaglie del general Cadorna a Caporetto e ci viene venduto da Floris come Nelson a Trafalgar. I maestrini dalla penna rossa sono usciti dal libro Cuore, impersonano però Franti e non Garrone. Mentono agli elettori, fanno inciuci, usano la fionda contro i passerotti e poi nascondono la mano. Renzie, lo statista gonfiato, imperversa con le sue ricette e le critiche al M5S su tutti i canali televisivi preda di compiacenti cortigiane come la Gruber. Renzie non è più sindaco di Firenze da tempo, è diventato un venditore a tempo pieno di sé stesso”. “Vende in giro un sindaco mai usato, come nuovo. Persino Topo Gigio Veltroni è stato riesumato per discettare delle elezioni, forte della sua esperienza di averle perse tutte, ma proprio tutte. E poi c’è la claque, quella cattiva e quella buona, quella che attacca a testa bassa, la cui esponente è la Finocchiaro che vuole fuorilegge il M5S, accampata in Parlamento da 8 legislature, e quella buona, alla Pippo Civati, che non ha fatto i nomi dei 101 che hanno affossato Prodi, che vive in un partito che succhia da anni centinaia di milioni di finanziamenti pubblici, ma però è tanto buonino. Lo vorresti adottare o, in alternativa, lanciargli un bastone da riporto. Maestrini che vedono la pagliuzza negli occhi del M5S, pagliuzza che spesso non c’è neppure, e non hanno coscienza della trave su cui sono appoggiati”.
Redazione Stato@riproduzioneriservata
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Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Non è reato insultare un collega per difendere le proprie convinzioni professionali!
Avete insultato un collega e lanciatogli addosso un faldone da cento chili di documenti? Non preoccupatevi, perché non necessariamente sarete perseguibili penalmente e costretti a pagare eventuali risarcimenti per il danno e l’offesa arrecati.
La Cassazione ha infatti recentemente annullato il provvedimento preso lo scorso anno nei confronti di un medico dell’ospedale universitario Meyer di Firenze che le imponeva di risarcire una collega, di 500 euro.
Secondo la sentenza 19577/2012 della Quinta sezione penale, la dottoressa imputata non avrebbe accettato un parere discordante su una paziente e per tutta risposta avrebbe lanciato le richieste di esami fatte dalla collega più anziana in un cestino, senza farsi mancare di insultarla con parole del tipo: “lei ha l’abitudine di non rispettare i colleghi… se ne deve andare, è una vergogna, si permette di andare contro il mio parere…”.
La dottoressa era stata chiamata in causa, dalla dirigenza ospedaliera, per una consulenza di tipo genetico su una bimba affetta da malformazioni. Il medico avrebbe invece formulato una diagnosi totalmente discordante con quella originaria, mettendo in cattiva luce la collega più giovane. Che però non ha aspettato l’intervento dei superiori e si è fatta giustizia da sola.
Il comportamento però non è stato gradito dalla collega anziana, che ha trascinato. in un’aula di giustizia e si è vista dare ragione dalla Corte d’Appello di Firenze, che nel luglio 2010 aveva condannato l’imputata a risarcire la dottoressa ingiuriata con 500 euro.
La Cassazione ha ora annullato, senza rinvio, la sentenza “perché’ il fatto non costituisce reato”. Spiega la Cassazione che, al di là della “pacifica oggettività offensiva delle espressioni usate”, l’episodio rientra nel “legittimo esercizio del diritto di critica”, in quanto “il fatto si poneva come chiara manifestazione di dissenso per il diverso parere espresso dalla collega più anziana, peraltro in un contesto tale da fare ragionevolmente ritenere che fosse stato reso con travalicamento dei compiti istituzionali da parte della stessa persona offesa ed indebita ingerenza nel proprio ambito lavorativo”.
Nessun problema e ripensamenti, quindi, la prossima volta che darete dell’incapace ad un vostro collega, fermo restando che siate assolutamente certi ci sia un’oggettiva prevaricazione di mansioni in corso!
Foggia, 30 maggio 2013 Avv. Eugenio Gargiulo