Questa scheda è spoiler-free: nel rispetto del lettore vergine della visione del film verranno isolate, nell’arco della recensione, eventuali rivelazioni critiche di trama (spoiler) su note a piè pagina, oltre a essere suggerito, a fine articolo, un indice della presenza di punti sensibili nell’opera il cui svelamento accidentale possa incidere su una sua corretta fruizione
Titolo originale: The Wolverine
Nazione: Stati Uniti, Giappone, Australia
Genere: fantastico, avventura
ANCORA un blockbuster per le sale estive deserte, The Wolverine, sequel dello spin-off X-Men le origini – Wolverine.
Protagonista assoluto il mutante dagli artigli di adamantio, in questo capitolo coinvolto, decenni dopo, nelle vicende di un soldato cui salvò la vita a Nagasaki.
Questo ennesimo capitolo della saga degli X-Men è uno di quei titoli per i quali si fa davvero fatica a immaginare un’analisi che non si risolva in poche battute. Non è, questo, il preludio ad una lapidazione quanto piuttosto alla presentazione di un film che non dà più di quel che ci si aspetta da un action medio e, soprattutto, non sembra necessario sotto alcun aspetto. Messi da parte i fanatici indefessi, per i quali la sola presenza del beniamino è già fonte di sollazzo pur se immobile per 120 minuti, per tutti gli altri la perplessità sulla necessità dell’operazione è lecita. Sì, c’è azione, c’è avventura, ci sono un paio di supereroi, ma il soggetto è gracile, non appassiona e non vince mai. Il film di Mangold sembra una di quelle storie minori delle serie a fumetti che si leggono e si mettono da parte per non riprenderle mai più, salvo che per ammirarne il tratto grafico.
Sempre che questo sia più interessante del plot.
Qui lo è?
No, nessuno stile strepitoso, nessun passaggio degno di memoria, niente che faccia tuffare con piacere nella piscina della fantasia marvelliana e vi faccia restare felici per almeno mezzora. Qualche momento grazioso non manca (l’incipit, […]1), ma sembrano varchi di lucidità in cui il regista tenta di fare esteticamente sul serio.
Il resto è il solito copione.
Da buttare? Neanche.
Sguazziamo quasi nell’oro se confrontiamo The Wolverine con Pacific Rim giacché, a dispetto della mancanza di sale nella pietanza, la ricetta è dignitosa e preparata con decente cura. Di più, è finanche didattica (positivamente) per la realizzazione di sequenze d’azione che nel 90% dei casi sarebbero precipitate nella disturbante americanata sprezzante della sospensione dell’incredulità. Si prendano, ad esempio, i combattimenti sul tetto del treno, costruiti con un affondo sul pedale della fantasia e del dinamismo sfrenato, ma che restano credibili nello spazio del gioco fumettistico pattuito con lo spettatore.
Nota dolente e irrinunciabile per i doppiaggi dei personaggi Viper e Yukio.
Apertura sui titoli di coda ad un nuovo capitolo: la serialità è una brutta bestia…
Valutazione: 6.5/10
Spoiler: 8/10
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