Manfredonia – CHIUNQUE dovesse entrare nella città di Manfredonia, passando dalla zona litoranea Sud, avvertirebbe sicuramente la presenza di una collina leggera, appena accennata. Una collina non naturale, almeno non del tutto, in quanto la strada presente sulla stessa passa su una estesa zona archeologica, grande quasi quanto Pompei, attraversando i rilievi tufari sui quali poggiano le mura romane dell’antica Siponto. Una volta in loco, ci si renderebbe subito conto della “particolarità” della zona suddetta. Le antiche mura romane sono infatti oggi quasi interamente sepolte, mentre l’unico tratto visibile, della cosiddetta “passeggiata archeologica”, è opera di alcuni scavi effettuati negli anni ’60, non seguiti purtroppo da opere di intervento future. Nella zona, le imponenti mura romane disegnano un tracciato a pianta trapezoidale, realizzate in opera quadrata con blocchi di tufo disposti a filari alternati di testa e di taglio, ed erano intervallate irregolarmente da torri quadrate. Una di quest’ultime è visibile in località Capparelli, a sinistra della SS 89, entrando da Foggia. Parte di tali blocchi di tufo è stata impiegata come terrapieno per la ferrovia che vi passa sopra. In questa zona è situato anche l’anfiteatro romano costruito con la tipica struttura reticolata. Qualcuno ha pensato bene di costruirci sopra una masseria oggi abbandonata.
Nel periodo in cui le mura furono edificate (II sec. A. C.) la zona compresa tra l’attuale Siponto, Salapia e Arpi costituiva una vera e propria laguna navigabile e Siponto rappresentava uno dei porti più importanti della Puglia. Lo stesso nome Siponto deriva da “Saipes= luogo simile a seppia” o dove abbondano le seppie, che poi i Dauni – Tessali del IX sec. a. C. cambiarono in Sepias in ricordo del villaggio da loro abbandonato in Tessaglia (Grecia). Negli anni sono stati ritrovati i resti di mitili anche in campagne distanti attualmente 50 Km dal mare. Oggi i resti di questo importante porto si trovano in prossimità di un canale di scolo per acque piovane vicino al lido Aurora, senza che neppure esista una minima indicazione o cartello che ne indichi la presenza. Sempre a Siponto, in contrada Mascherone, tra discariche ed erbacce, è stata scoperta inoltre una lussuosa villa romana. A parlarne è l’appassionato di storia di Siponto, il calabrese Aldo Caroleo: “Per individuare l’area – spiega Caroleo – bisogna percorrere viale degli Eucalipti fino al passaggio a livello e poi imboccare la strada asfaltata che porta su viale dei Pini. Proprio nei pressi di una curva, dinanzi ad una discarica di rifiuti, si apre un vasto spazio coltivato sui cui argini si vedono addossate delle enormi strutture murarie”. Si ritiene che tale domus sia appartenuta a Marcus Hostilius, magistrato e poi triumviro dell’antica Roma, citato da Vitruvio come il costruttore di Salapia. Essa costituisce una delle tante ville romane di Siponto, un piccolo museo all’aperto, che aspetta solo di essere riportato alla luce.
Negli anni ‘50, sempre in zona Capparelli, furono ritrovati 8 ipogei dall’archeologo Silvio Ferri, scopritore delle stele daune. Queste grotte di tufo, in parte naturali e in parte scavate furono abitate sin dell’età del bronzo e del ferro in quanto sorgenti d‘acqua dolce tutt’ora attive e furono anche un luogo di culto pagano. Successivamente tali insediamenti si trasformarono in necropoli preromane, romane e paleocristiane (IV – V secolo d.C). Nel 1953 in un ipogeo paleocristiano è stata ritrovata una lucerna decorata con candelabro a 7 bracci e una croce. Nonostante il valore storico importantissimo le amministrazioni locali si sono limitate a circoscrivere la zona con un nastro rosso senza aggiungere nessun tipo di informazione storica nè per i turisti né per i tanti ignari cittadini. Gli ipogei sono stati in passato impiegati come deposito d’attrezzi e di bestiame mentre, attualmente, l’area è diventata uno scarico di pneumatici usati provenienti presumibilmente dal vicino negozio.
La Chiesa di S. Maria Regina di Siponto è stata costruita proprio su 2 di questi ipogei ed è formata da 2 chiese. La Chiesa inferiore, le cui colonne sono i resti dell’antichissimo tempio di Diana, e chiesa superiore è dell’XI sec. d.C. ed è di stile romanico-pugliese con un bellissimo altare in marmo scolpito, ricavato da un sarcofago di fattura bizantina. La chiesa simbolo di Siponto e della stessa Manfredonia giace oggi in uno stato di abbandono che ha dell’incredibile e che non ha giustificazioni. La diocesi di Manfredonia comprende, tra gli altri, i comuni si Vieste e San Giovanni Rotondo. Quest’ultima costituisce una delle più importanti tappe di pellegrinaggio al mondo, con quello che comporta dal punto di vista delle entrate economiche. Nonostante questo la Basilica di Siponto sta attualmente cadendo letteralmente a pezzi. Buona parte della facciata della chiesa è crollata mentre i dipinti all’interno risultano gravemente lesionati dall’umidità e necessitano di restauri urgenti. Periodicamente la cripta si riempie d’acqua a causa della pioggia con i turisti che restano allibiti di fronte a tanta colpevole incuria. Il passaggio dell’acqua piovana ha danneggiato il tratto in prossimità del campanile così come alcune colonne, mentre il prezioso mosaico sta rischiando di scomparire per sempre. Ogni anno, dal Comune di Manfredonia, vengono investiti migliaia di euro per la festa padronale in onore di S. Maria Regina di Siponto senza che questi soldi, paradossalmente, interessino la manutenzione della stessa chiesa a Lei dedicata. Di fronte a questa surreale situazione il Comune di Foggia ha deciso di recente di auto-tassarsi di ventimila euro per soccorrere la chiesa storicamente più importante della provincia. Una rivalutazione del patrimonio storico porterebbe, indubbiamente, un maggior incremento di turismo in una città dall’emigrazione “incontrollata” e dall’economia sempre più “stagnante”.