Ampio e articolato il dibattito in aula all’interno del quale sono intervenuti i consiglieri: Vito Guerrera (UdCap); Rocco Pezzano (Pd); Gaetano Cusenza (Misto-Api); Attilio Marchegiani (Puglia prima di tutto); Michele Bonfitto (UdCap); Enzo Iannantuoni (La Destra); Massimo Colia (Idv); Antonio Prencipe (Pd); Michele Augello (Indipendente); Paolo Mongiello (PdL); Emilio Gaeta (Fli) e Francesco Di Paola (Misto-Udeur).
L’ORDINE DEL GIORNO – NO ALL’ITALIA SENZA LE PROVINCE Riunione straordinaria dei consigli provinciali 31 gennaio 2012
“(…)
Considerato
che il Governo ha definito e varato norme che impattano direttamente su istituzioni che sono previste come elementi costitutivi della Repubblica dalla Costituzione senza prevedere, anzi volutamente escludendo, qualunque forma di confronto e preventiva condivisione con i rappresentanti delle Province; che l’articolo 23, commi 14 – 22, dal punto di vista del merito, è palesemente in contrasto con i principi e le disposizioni costituzionali che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali ed, in particolare, gli articoli 5, 114, 117 (comma 2, lettera p) e comma 6), 118 e 119 della Costituzione ed è, altresì, incongruente con i principi generali e con la disciplina degli enti locali del nostro ordinamento; che la norma, lungi dal consentire risparmi – come indicato espressamente dalle relazioni tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse – produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori; che la norma non tiene minimamente in conto dell’aumento della spesa pubblica, pari ad almeno il 25% in più, che si avrebbe dal passaggio del personale delle Province (56.000 unità) alle Regioni o dal trasferimento di competenze di area vasta ai Comuni; che il decreto non considera l’impatto che il trasferimento delle funzioni e delle risorse oggi gestite dalle Province (12 miliardi di euro secondo gli ultimi dati del Siope) avrà sui bilanci e sull’organizzazione delle Regioni e dei Comuni già oggi gravati dalle difficili condizioni di sostenibilità del loro patto di stabilità;
che il decreto non considera la difficoltà a computare e trasferire il patrimonio e il demanio delle Province: 125.000 chilometri di strade, oltre 5.000 edifici scolastici, 550 centri per l’impiego, sedi, edifici storici, partecipazioni azionarie dotazioni strumentali, ecc.; che la norma impone una modifica della normativa tributaria, poiché le entrate tributarie, patrimoniali e proprie delle Province dovranno passare in quota parte a Regioni e Comuni per garantire il finanziamento delle funzioni, proprio nel momento in cui si stanno verificando le condizioni per il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard nelle Province attraverso l’attuazione delle norme sul federalismo fiscale; che la norma avrà effetti devastanti sulle economie locali, poiché produrrà il blocco totale degli investimenti programmati e in corso delle Province, perché i mutui contratti dalle Province, nei casi in cui questo fosse possibile, dovrebbero essere spostati alle Regioni o alle altre amministrazioni locali, e che ostacolerà i diversi progetti, anche pluriennali, finanziati dai fondi strutturali Ue o da sponsor o fondazioni bancarie in cui sono impegnate le Province, con il serio rischio di interrompere la gestione delle attività e dei connessi importantissimi flussi di spesa;
approva il presente Ordine del giorno.
“Le Province richiedono unitariamente alle Regioni di promuovere i ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale, per fare dichiarare l’incostituzionalità delle disposizioni contenute nell’art. 23, commi 14 – 21, del decreto legge 201/2011 che violano i principi costituzionali di autonomia e democrazia e sono in contrasto con la forma di stato prevista dal titolo V, parte II, della Costituzione. Le Province richiedono unitariamente al Governo e al Parlamento di approvare una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta che sia basata sulle seguenti priorità:
1.Intervento immediato di razionalizzazione delle Province attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni: la razionalizzazione dovrà essere effettuata in ambito regionale, con la previsione di accorpamenti tra Province, mantenendo comunque saldo il principio democratico della rappresentanza dei territori, con organi di governo eletti dai cittadini e non nominati dai partiti.
2.Ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province, in modo da lasciare in capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta.
3.Eliminazione di tutti gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni democraticamente elette previste dalla Costituzione.
4.Istituzione delle Città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree metropolitane.
5.Riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato, legato al riordino delle Province.
6.Destinazione dei risparmi conseguiti con il riordino degli enti di area vasta ad un fondo speciale per il rilancio degli investimenti degli enti locali.
Per conseguire questi obiettivi le Province individuano i seguenti strumenti:
l’approvazione urgente di un una norma – nella legge di conversione del Decreto Legge 29 dicembre 2011, n. 216 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” – che superi l’ipotesi del commissariamento delle Province che dovrebbero andare al voto nella primavera del 2012 e che consenta di prorogare la scadenza degli organi democraticamente eletti fino all’approvazione di una riforma organica delle Province.
l’immediata approvazione della Carta delle Autonomie, inspiegabilmente bloccata al Senato, per definire “chi fa che cosa” ed eliminare i costi e le disfunzioni prodotti dalle duplicazioni delle funzioni e per razionalizzare l’intero sistema istituzionale locale, in attuazione dei principi previsti dal nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione; la rapida approvazione delle proposte di riforma costituzionale attualmente depositate presso la Camera dei Deputati sul riordino delle Province e delle Città metropolitane, per assegnare alle Regioni un ruolo centrale nel dimensionamento di tutte le istituzioni territoriali.
Le motivazioni alla base del no. Il Consiglio provinciale dice no ad un’Italia senza Provincia perché: Ci sarebbero meno garanzie democratiche. Verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole. Diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e cultura. Le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini.
La richiesta. Il Consiglio provinciale chiede: ai Parlamentari del territorio di farsi promotori in Parlamento di iniziative volte a garantire l’esistenza delle Province intese come strumento di partecipazione democratica dei cittadini nel governo del territorio; alle organizzazioni sindacali di mobilitarsi contro l’abolizione o allo svuotamento delle Province, per tutelare le persone che ci lavorano; Alle forze economico-sociali di mobilitarsi per ristabilire un punto di riferimento istituzionale certo nel territorio, per garantire il rilancio degli investimenti per lo sviluppo locale.
Ai cittadini tutti, agli uomini di cultura, alle associazioni e ai gruppi di volontariato di manifestare il loro amore per il territorio, opponendosi all’abolizione o allo svuotamento delle nostre Province, o alla loro trasformazione in enti nominati dai partiti e non eletti direttamente dal popolo.
Prencipe: “Nessuna difesa della casta, ragionare sull’assetto istituzionale dello Stato”. Pezzano: “Risparmi irrisori per la spesa pubblica; chi le ritiene inutili sia coerente e si dimetta”. “Cancellare le Province provocherebbe un dannoso stravolgimento dell’assetto istituzionale dello Stato in cambio di un irrisorio taglio alla spesa pubblica”. E’ la convinzione espressa da Rino Pezzano, consigliere provinciale e responsabile Enti locali del PD di Capitanata, nell’intervento svolto durante il Consiglio provinciale convocato questa mattina in seduta monotematica per discutere l’ordine del giorno proposto dall’Unione delle Province Italiane (UPI) ‘No all’Italia senza Province’.
Facendo perno sulla proposta di legge costituzionale depositata alla Camera dal gruppo del Partito Democratico, Pezzano ha invitato a “assumere il coraggio civico e la responsabilità politica di fronteggiare la demagogia populistica che non produce alcun beneficio ai cittadini”. Anche sotto il profilo finanziario, giacché “il taglio della rappresentanza istituzionale farebbe risparmiare 34 milioni a fronte della spesa di 11,5 miliardi per l’intero apparato burocratico provinciale che non sarebbe scalfito”.
“Il tema vero della discussione deve essere il disegno di un assetto istituzionale dello Stato che coniughi l’efficienza dei servizi offerti ai cittadini alla rappresentanza efficace degli interessi dei cittadini stessi – ha aggiunto il capogruppo Antonio Prencipe – Qui nessuno vuole difendere una categoria o una casta, per quanto ci riguarda vogliamo ragionare razionalmente sul ruolo degli Enti locali, sull’autonomia dei governi periferici, sull’architettura federalista”. Detto in altri termini, ancora Rino Pezzano, “vogliamo discutere su quali funzioni possa e debba svolgere la Provincia al fianco dei Comuni, perché non è immaginabile che la Regione si interfacci efficacemente con centinaia di enti”. Il responsabile Enti locali del PD ha concluso il suo intervento con una “esortazione alla coerenza: chi ritiene inutili le Province si dimetta da consigliere provinciale; altrimenti si rimbocchi le maniche per far comprendere ai cittadini quali funzioni svolge l’Ente in cui operiamo e quali effetti negativi deriverebbero dalla sua abolizione”.
Redazione Stato@riproduzione riservata
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