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Medicina: teste e cadaveri dall’estero per corsi e studi scientifici

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
31 Gennaio 2013
Cronaca // Scienza e Tecnologia //

(ST)
Bari – UN tabù tutto italiano che è ora di infrangere. È quello della donazione del corpo a fine scientifico, una pratica consolidata all’estero, ma dai noi praticamente sconosciuta. Con conseguenze negative sulla formazione dei medici. A riportare l’argomento sotto i riflettori è l’Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe), che vuole sensibilizzare le persone sull’importanza di donare il corpo alla scienza.


«Mettiamola così: sareste più tranquilli a essere operati da un dottore che ha studiato la teoria solo sui libri o da uno che ha anche fatto pratica su un cadavere umano?» chiede provocatoriamente il presidente di Aicpe, Giovanni Botti. La risposta sembrerebbe ovvia, ma non lo è. Il tema della donazione dei cadaveri in Italia è un argomento proibito: nessuno ne parla e nessuno lo fa. Senza un motivo apparente, visto che si tratta di una pratica perfettamente legale, sostenuta anche dalla Chiesa e utilizzata regolarmente in tutto il resto del mondo con enormi benefici. «È ora di iniziare a parlarne e a informare la gente. Bisogna sfatare false convinzioni e credenze per colmare il divario, anzi il baratro, che c’è tra noi e gli altri Paesi» afferma Botti.

Anche se a sollevare il problema è l’associazione di categoria dei chirurghi plastici estetici, la questione è più ampia e riguarda tutti gli ambiti della chirurgia. «Oggi in Italia aspiranti chirurghi e medici affermati che vogliono imparare tecniche nuove o fare pratica, sono costretti ad andare all’estero per seguire corsi in cui si può operare sui cadaveri – dice il presidente di Aicpe -. Recentemente, diversi centri italiani hanno iniziato a proporre dei corsi con dissezioni di corpi: tuttavia, non essendoci disponibilità, devono importarli dall’estero. Dopo l’utilizzo si restituiscono, non senza problemi di tipo logistico-organizzativo: è di qualche giorno fa la notizia di 18 teste bloccate alla dogana di Chicago di ritorno da un corso scientifico a Roma». In entrambe i casi i costi lievitano, e la possibilità di accesso è limitata. «Il problema si potrebbe risolvere in modo semplice: sensibilizzando la gente sull’importanza di donare il proprio corpo alla scienza, una possibilità che spesso è del tutto sconosciuta. E creando strutture e centri organizzati per gestirli in modo ottimale, come già avviene per la donazione di organi» aggiunge Botti.

Negli altri paesi, donare il corpo per il training medico è una prassi comune, come da noi lo è la donazione di sangue o di organi: «Anche nella donazione del corpo valgono gli stessi principi: i cadaveri umani sono utilissimi per l’attività scientifica, per lo studio anatomico e l’attività chirurgica. Tuttavia, parlare di donazione degli organi è socialmente accettato e considerato un gesto di generosità, mentre quello dei cadaveri resta un argomento tabù» conclude. A cosa serve la donazione dei cadaveri? In campo chirurgico serve ai giovani chirurghi per fare pratica e a quelli già esperti per sperimentare nuove tecniche o per esercitarsi in caso di interventi particolarmente complessi.

Perché in Italia non si fanno dissezioni di cadavere? È una pratica permessa dalla legge e appoggiata dalla Chiesa, come dimostra anche il caso della Spagna, dove sono molto diffuse. Semplicemente, gli italiani non sono informati della possibilità di poter donare il proprio corpo e non sanno che questo può contribuire a formare medici competenti.
Come funziona nel resto del mondo? Negli altri paesi occidentali è una realtà consolidata. Solo in Austria in un anno vengono donati 42mila corpi. Qualche anno fa sugli autobus in Olanda compariva una pubblicità che invitava a donare il proprio corpo per il training medico. In alcuni posti hanno addirittura dovuto bloccare le donazioni, in quanto erano in eccesso. In tutti i paesi europei si organizzano regolarmente corsi per chirurghi e spesso i partecipanti sono proprio italiani. Non c’è il rischio che mi dissezionino mentre sono ancora vivo? Assolutamente no. Per essere certi che una persona sia davvero morta si eseguono diversi esami, tra cui l’elettrotanatogramma, un elettrocardiogramma che dura venti minuti e il cui tracciato piatto certifica legalmente la morte.

Quali requisiti deve avere un cadavere per poter essere donato? Tutti i cadaveri si possono donare alla scienza, anche quelli di persone anziane. Sono esclusi quelli con un interesse giudiziario, su cui deve essere fatta l’autopsia, perché in questo caso può essere chiesta la manipolazione della salma a distanza di anni. Quanti interventi si possono fare su un cadavere? Tanti, una sessantina, anche un centinaio di interventi su tutte le parti del corpo.

Se dono il corpo, avrò lo stesso una tomba? Ci sono due tipi di donatori: quelli che decidono di lasciare il proprio corpo alla ricerca e non vogliono più saperne nulla, e quelli che chiedono che il corpo venga poi riconsegnato ai familiari. In quest’ultimo caso, il funerale si svolge regolarmente e dopo il corpo viene portato in un centro dove resta per qualche settimana o mese. Quindi viene ricomposto e portato definitivamente al cimitero. I tempi dipendono dal flusso di donazioni: più ce ne sono, più corsi si organizzano e meno tempo restano nel centro. Alla fine, il cadavere va a finire al cimitero o alla cremazione e si mantiene sempre l’identità della persona.

Cosa si deve fare per donare il proprio corpo? Secondo le norme della polizia mortuaria, è possibile scrivere un testamento olografo, ossia un testo scritto a mano, datato e firmato, senza bisogno di depositarlo dal notaio. Per legge, teoricamente, si possono utilizzare anche i cadaveri che non vengono reclamati dai congiunti.


Se dono il corpo, posso donare anche gli organi? In linea teorica sì, ma ci sono alcuni requisiti da rispettare. Gli organi servono per essere impiantati su persone vive, quindi ci sono parametri molto stretti. Oltre a presentarsi in certe condizioni, bisogna che siano espiantati in certi tempi ben definiti e trapiantati in tempi altrettanto stretti.


AICPE: L’Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica, la prima in Italia dedicata esclusivamente all’aspetto estetico della chirurgia, è nata con l’obiettivo di dare risposte concrete in termini di servizi, tutela, aggiornamento e rappresentanza. Pur essendo una novità per il nostro Paese, non lo è affatto in molte altre nazioni europee e non, dove esistono da tempo associazioni che raccolgono tutti coloro che si interessano di chirurgia estetica. Ad Aicpe al momento hanno aderito 160 chirurghi in tutta Italia, tra cui si annoverano professionisti di fama e docenti universitari. Membri di Aicpe possono essere esclusivamente professionisti con una specifica e comprovata formazione in chirurgia plastica estetica, che aderiscono a un codice etico e di comportamento da seguire fuori e dentro la sala operatoria. Scopo di Aicpe è tutelare pazienti e chirurghi plastici in diversi modi: disciplinando l’attività professionale sia per l’attività sanitaria sia per le norme etiche di comportamento; rappresentando i chirurghi plastici estetici nelle sedi istituzionali, scientifiche, tecniche e politiche per tutelare la categoria e il ruolo; promuovendo la preparazione culturale e scientifica; elaborando linee guida condivise. Tra gli obiettivi c’è anche l’istituzione di un albo professionale nazionale della categoria.


Redazione Stato

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Se le persone che amiamo ci vengono tolte, il modo per farle vivere è non smettere di amarle (James O’Barr)

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