Secondo Fiore e Gentile “dal 2005 si sono quadruplicati i controlli sul territorio effettuati dalle ASL, passati da 2.228 nel 2005 a 9.287 nel 2009, grazie anche al potenziamento delle risorse di personale ispettivo che sono passate da 93 a 156 unità nello stesso periodo. Nel dicembre 2010 la Giunta Regionale ha approvato il nuovo Piano Regionale della Prevenzione, principalmente mirato su comparti ritenuti a più alto rischio per infortuni mortali e gravi, ovvero edilizia ed agricoltura. Molteplici sono state le iniziative di informazione e formazione destinate al mondo delle imprese e dei lavoratori, finalizzate al cambiamento dei comportamenti insicuri. Dal 2008 è operativo il Comitato regionale di coordinamento previsto dal testo unico sulla sicurezza che contempla la presenza di tutte le istituzioni e delle parti sociali, nonché l’Ufficio Operativo regionale che ha fissato gli indirizzi per gli Organismi Provinciali, all’interno dei quali sono presenti gli enti con compiti di vigilanza. Tale rete, già funzionante, ha portato all’approvazione di linee di indirizzo sulla sicurezza nella scuola, non trascurando le problematiche relative all’assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti nei luoghi di lavoro”.
Per i due rappresentanti del governo regionale “con la Legge 28/2006, meglio nota come la legge contro il sommerso ed il lavoro nero, questa Giunta Regionale ha inteso lanciare il guanto di sfida contro il malcostume e l’illegalità ancora tristemente presenti nei comparti dell’agricoltura, dell’edilizia e dei servizi che rendono ancora più insicuri i luoghi di lavoro. Ispezioni affidate alla Guardia di Finanza, una nuova e più efficace sinergia con gli enti deputati ai controlli e la recente individuazione nel Piano Straordinario per il Lavoro di misure tese a favorire la regolarizzazione dei rapporti di lavoro e, quindi, una nuova cultura anche rispetto al tema della sicurezza, per il quale sono previsti interventi di informazione sempre più capillari, testimoniano quanto sia alto il livello di attenzione del Governo Regionale che, dopo aver istituito il Fondo di Solidarietà per le famiglie delle vittime, ha deciso, unico in Italia, di costituirsi parte civile nei processi penali per infortunio mortale sul lavoro e si accinge a presentare un disegno di legge sulla qualità del lavoro”.
Redazione Stato
Lavoro Commissione parlamentare: "Puglia disattenta su tutela in luoghi di lavoro"
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Egregio Ass. Fiore, a cosa le serve essere l’unica regione a costituirsi parte civile nelle morti sul lavoro se poi non fa vigilanza sui luoghi di lavoro, se a fronte di 23 ispettori che lei stesso ritiene indispensabili per la ASL FG ne ha a disposizione solo 8. Lei, come il Vendola è molto disattento in materia e glielo dice uno che come lei conosce i fatti. Come fa a dire che tutto è ok se poi, anzichè assumere personale di ispezione secondo i parametri di riferimento per il rispetto dei L.E.A., fa contratti triennali a progetto e poi, allo scadere dei medesimi rapporti di lavoro, attribuisce la qualifica di Polizia Giudiziaria, indispensabile per la funzzione ispettiva. Come mai ci sono graduatorie valide che giacciono da anni e lei non provvede ad assumere. Adesso dia la colpa al governo centrale, al piano di rientro, al blocco del turn over. Lei ha il dovere costituzionale di garantire il diritto alla salute e quindi i LEA. Non le è concesso di trovare false scuse di carattere economico finanziario per aspettare di bandire concorsi in campagna elettorale. Mi creda dott. Fiore, anzichè costituirsi parte civile per le morti sul lavoro e fare false propagande politiche anche sulle tragedie familiari, pensi ad implementare i servizi ispettivi delle ASL così come il Pres. Vendola ha legiferato nel 2006. In Italia non abbiamo più bisogno di falsi slogan elettorali, ma di rigore, serietà e tanta professionalità, specialmente da parte Vostra.
QUEI CARTELLI NEI CANTIERI CHE NON SEMPRE DICONO LA VERITA’ SULLE NORME DI SICUREZZA ADOTTATE
Di Mauro Rossato, ingegnere, presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering
Spesso nei cantieri edili accanto al segnale “accesso vietato ai non addetti ai lavori” dovrebbe esserne affiancato un altro e continuare con la scritta, già ci siamo noi che rischiamo la vita.
L’immagine in effetti è quella di una tragica gag in un teatro di cemento in cui dietro ai cartelli che fanno presumere l’adozione di tutte le norme di sicurezza, ci sono invece operai senza imbragature e senza elmetti che si muovono come funamboli su impalcature anch’esse spesso prive di protezioni adeguate.
Non sono rari questi racconti di lavoro quotidiano nel nostro Paese. Basta fare un giro in qualsiasi città, o forse è sufficiente aprire la finestra della propria abitazione per spiare chi, comunque, non si sente neppure spiato. Non ha timori di essere osservato e non dal comune cittadino. Ma neppure dagli enti di controllo.
E’ come se si agisse in totale libertà, come se la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non avesse diritto di cittadinanza nei cantieri.
Purtroppo, però, è proprio in questi spazi in cui si conta il maggior numero di morti bianche subito dopo i campi. Così l’agricoltura e l’edilizia continuano ad essere i settori più coinvolti dall’emergenza. E sono i numeri a raccontare il dramma. L’agricoltura è il luogo di lavoro maggiormente pericoloso con il 35,4 per cento delle morti bianche registrate dal nostro Osservatorio nel primo quadrimestre dell’anno, seguita dal settore delle costruzioni (24,1 per cento delle vittime).
La caduta dall’alto, poi, è la prima causa di morte (27,2 per cento del totale delle morti bianche), seguita dallo schiacciamento dovuto alla caduta di oggetti pesanti (21,5 per cento). Ricordiamo che la caduta dall’alto tra gennaio e aprile 2010 aveva provocato la morte di 36 lavoratori e quest’anno le vittime sono 43. Un altro dato drammatico che testimonia quanto ancora vengano trascurate le misure preventive e di formazione dei lavoratori per i lavori in quota.
Risultato: da gennaio ad aprile del 2011 è stato rilevato dal nostro Osservatorio un incremento dei decessi sul lavoro del 26 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
E tutto questo accade mentre l’Unione Europea si prefigge come obiettivo la riduzione del 25 per cento degli infortuni nei luoghi di lavoro entro il 2012 – e contemporaneamente in Italia il Piano Nazionale della Prevenzione 2010 – 2012 con i relativi piani regionali ha come traguardo una riduzione del 15 per cento degli infortuni mortali e con esiti invalidanti.
Così per chi come noi, da oltre due decenni, si occupa e si preoccupa di formare i lavoratori per tutelarli durante lo svolgimento delle loro attività, il confronto sopra citato diventa un contraltare non solo sconfortante ma anche tragico.
Perché è evidente che l’aumento in percentuale dei decessi, porta con sé dei terribili numeri ‘assoluti’ di nuove vittime. Per la precisione lo scorso anno le tragedie del lavoro alla fine del primo quadrimestre erano 125 e sono passate quest’anno a 158.
Ciò significa 33 esistenze spezzate in più rispetto al 2010, da Nord a Sud della Penisola. 33 famiglie distrutte dal dolore.
E intanto gli ambiziosi obiettivi europei e quelli nazionali e regionali perdono forza agli occhi di tutti i lavoratori del Paese e muovono alla rabbia chi legge le statistiche della morte e ne analizza le cause.
Quotidianamente il nostro Osservatorio si trova, infatti, innanzi a nuovi bollettini di morti bianche dove le cause che conducono ai decessi e i settori colpiti sono sempre, o quasi, gli stessi.
Per tale ragione, da esperti di sicurezza nei luoghi di lavoro, non ci resta che riporre le speranze in una traduzione efficace ed efficiente del Piano Nazionale della Prevenzione 2010 – 2012; perché tra gli interventi proposti, dal nostro punto di vista, è racchiusa la vera soluzione al problema delle morti nei luoghi di lavoro, ovvero la definizione ed attuazione di programmi di informazione, assistenza, formazione e controllo che prevedono tra l’altro la focalizzazione sulle aree di attività lavorativa a maggior rischio a partire da edilizia ed agricoltura.