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Gli ebrei sipontini

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
8 Febbraio 2017
Cultura // Manfredonia //

Manfredonia. La presenza ebraica a Siponto viene storicamente accreditata sin dai secc. VIII-IX (ma potremmo risalire ancora più indietro).

Dal Toaff si ha, infatti, che nel sec. IX d.C. Siponto era un notevole centro di studi rabbinici; vi venivano a studiare i giovani guidati da Hai Gaon in Pumbedita.

A questa Scuola si formarono eminenti studiosi, come Leon b. Elhanan, Menahem ha-Kohen e R. Iudah, dai quali, poi, si ebbe la diffusione degli studi in Italia.

E Siponto è annoverata una delle più famose scuole di cultura ebraica pugliesi; dalla stessa, agli inizi del sec. XI, numerosi giovani si recarono in Mesopotamia per seguire le lezioni dei Talmudi Babilonesi. Al ritorno essi fondarono un importante centro di istruzione talmudica con a capo il già citato rabbì Leon ben Elhanan

Tra i poeti liturgici operanti a Siponto si annovera Anan ben Marinus ha-Kohen (1058), noto anche come studioso rabbinico e del quale è giunta sino a noi la trascrizione di una composizione poetica scritta in onore dell’uscita del Sabato che è un’invocazione appassionata al profeta Elia, araldo del Messia, perché venga al più presto.

“Di Anan bar Marinos ha-Cohen si conoscono alcuni responsi, uno dei quali, sulle modulazioni del suono del corno (shofar) nella festa di Rosh ha-Shanah”.

Altro notevole studioso attivo a Siponto è Isaac ben Melchizedek (1090 circa-1160), il primo italiano che commentò per esteso la Mishnah; Isaac ha come figlio Giuda, attivo a Salerno, nel 1165.

Ora, la domanda che ci poniamo è dove abitavano questi ebrei a Siponto? Qual era la loro consistenza demografica? Avevano una propria sinagoga?

Per queste domande non abbiamo risposte storicamente certe, ma abbiamo degli indizi che ci inducono a formulare delle ipotesi piuttosto verosimili, almeno per alcune di esse.

Nei documenti dei secc. XII e XIII si rilevano delle paludi presso Siponto, entro le quali si trovano delle saline, dei “mari” (acque di pesca interne o presso il litorale sabbioso), delle “forme” (per la uccellagione), degli orti, ed anche dei terreni dati al pascolo ed alla coltura (giardini, vigneti ed oliveti).

Ed in queste paludi esercitano la loro attività e vi abitano molti sipontini, tra i quali i prestigiosi componenti la famiglia Benesmiro, che assurgono ad altissime cariche nel regno.

In particolare, a questo sito socio-demografico si è dato il nome di “Casale Siponti”, il quale si trova “non longe a civitate diruta Siponti esistenti” (1155).

Oltre ai Benesmiro, attivi sono pure Natanael e Maraldi, scriba, e i Guglielmo da Siponto (padre e figlio).

E che questo luogo posto nella laguna abbia in sé anche un agglomerato urbano non vi è dubbio, in quanto si hanno dei riferimenti a delle strade pubbliche, a delle case (fra cui quella dei Benesmiro), a delle vigne, al bestiame (oltre 300 capi di ovini e bovini) (1180), alle saline (via pubblica presso le saline ed il pantano)(1112), e ai mari (saline e mari, nel 1134 e 1158). Insomma, vi è un complesso di attività operative (come la cura delle saline, la manifattura delle pelli, l’estrazione della flora palustre per l’effettuazione di manufatti, come i giunchi, gli asfodeli, ecc.).

Verosimilmente, se vi abitano i Benesmiro, di chiara formazione ebraica, non si può escludere che vi siano altri ebrei. E se ebrei vi sono, ed anche di prestigio, come abbiamo visto, non poteva mancare una sinagoga, dove appunto venivano divulgate le poesie e venivano commentati gli studi talmudici. .

Ed arriviamo al datum Orte (1263); con questo documento, come è noto, Manfredi invita i sipontini che vivono nelle paludi, dove vi è aria malsana, a trasferirsi in altro luogo, in riva al mare, dove già vi sono degli abitanti e vi è un buon porto, dove l’aria è più salubre.

Se l’invito è rivolto agli abitanti del Casale, e se fra questi vi sono degli ebrei (se non esclusivamente), è implicito che l’invito è rivolto anche a questi ultimi, tanto è vero che si promette loro l’esenzione dalle “angarìe” e “parangarìe”, vessazioni (oneri imposti specie ai lavoratori agricoli di eseguire gratuitamente trasporti di vettovaglie e altri servizi) reintrodotte da Federico II, anche a carico degli ebrei.

Non solo; ma ai mercanti viene concessa l’esenzione decennale dalle tasse.

Ed in effetti, il trasferimento degli abitanti del “Casale” (e degli ebrei) avviene, se il 3 novembre 1277, a Manfredonia, si ha: ex parte iudeorum preter domos cohopertas.

Con l’arrivo di Carlo I d.Angiò (1226-1285) le cose non vanno bene per gli ebrei, i quali sono costretti ad abiurare alla loro fede, tanto che si promette ai domenicani ed ai francescani un augustale per ogni ebreo convertito.
Nel 1278, Carlo invita gli uomini di Manfredonia… Iudayco erroris invio quo laborarunt hactenus derelicto viam veritatis agnoscere ac Iudayca perfidia detestabiliter anbegata converi et pervenire ad fidei vere cultum.
Ed è così che nel 1294 si contano 75 convertiti al cristianesimo (neofiti).

Carlo II d’Angiò (1248-1309), invece, si mostra più tollerante del padre verso gli ebrei: ed è appunto con questo sovrano che si ha un diploma di concessione di privilegi, del 1301, che fa proprio il documento definito “datum Orte”.

E’ da credere, allora, che gli ebrei sipontini, galvanizzati dal nuovo corso politico del Regno, abbiano presentato al sovrano il diploma di concessioni di cui erano stati oggetto, per vederlo confermato; cosa che Carlo II effettua.

Che cosa ne consegue, allora?

Manfredi, con il datum Orte, non vuole fondare affatto un’altra città, ben distinta da Siponto (e l’affermazione non è una eresia), ma invita gli abitanti del Casale, che si trovano presso la palude, ed in particolare gli ebrei, a trasferire la loro dimora in altra postazione (sempre nell’ambito del complesso agglomerato urbano di Siponto, cui ai diversi toponimi rilevabili dalle fonti documentarie), dove già vi sono delle abitazioni, dove vi sono già degli abitanti e dove (da sempre) vi è un buon approdo (porto) per il commercio del sale, delle pelli, del grano e di quanto altro.

Questo luogo dagli angioini (e non da Manfredi) sarà poi chiamato Manfridonia (in quanto non vi è alcun documento curiale di epoca manfredina che riporta questo toponimo).

In definitiva, verrebbe da dire che Manfredi e Carlo II d’Angiò più che essere dei tolleranti sarebbero dei protettori degli ebrei, riconoscendo loro un importante ruolo nello sviluppo della comunità sipontina, che va ricomponendosi.

A cura di Pasquale Ognissanti (Archivio Storico Sipontino)

1 commenti su "Gli ebrei sipontini"

  1. Come sempre, un ottimo e documentato un contributo culturale. Tra l’altro originale e non rimasticato su penosi luoghi comuni.

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Non ci resta tanto tempo. Il sogno non diventa realtà da solo: bisogna corrergli dietro. (Carlito’s Way)

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