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Gianni Lannes “A tutto gas” – Il caso Energas/Kuwait Petroleum

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
13 Dicembre 2016
Manfredonia //

Manfredonia in seno al Mediterraneo è una città ricca di risorse umane, naturali e storiche, ma al bivio. Ora attende risposte finalmente risolutive sul versante della tutela concreta della salute, della difesa e della creazione del lavoro produttivo, del risanamento ambientale dall’inquinamento industriale provocato dall’Eni, grazie all’omertà delle istituzioni ad ogni livello. La legge 9 dicembre 1998, numero 426 (“Nuovi interventi in campo ambientale”), ha istituito in Italia 16 aree da bonificare, tra cui Manfredonia:

«Sono considerati primi interventi di bonifica di interesse nazionale quelli compresi nelle seguenti aree industriali e siti ad alto rischio ambientale i cui ambiti sono perimetrati, sentiti i comuni interessati, dal Ministro dell’ambiente sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni…». Il ministero dell’Ambiente con decreto del 10 gennaio 2000 (“Perimetrazione del sito di interesse nazionale di Manfredonia”) ha individuato oltre alle discariche di rifiuti tossici e nocivi del petrolchimico Anic-Chimica DaunaEnichem nonché dell’Enel, sparse nel territorio di Manfredonia e Monte Sant’Angelo, ben 853 ettari di superficie marina prospiciente lo stabilimento industriale e che ingloba tutto il porto “alti fondali”.

A tutt’oggi, gli interventi della Syndial hanno bonificato appena il 5 per cento del territorio inquinato sulla terraferma; in mare, però, non è stata ancora effettuata a distanza di così tanto tempo, alcuna messa in sicurezza né bonifica. Un’indagine dell’Ispra nel 2008, ha riscontrato nei sedimenti marini la consistente presenza anche del cancerogeno mercurio.

Il 12 gennaio 1999, il decreto numero 16555 del ministero dell’Industria (il titolare del dicastero era Pier Luigi Bersani) concesse alla società Isosar Srl l’installazione di un deposito di Gpl da 60.200 metri cubi. Il 10 novembre dello stesso anno, mediante l’istanza di protocollo n. 12177/VIA/A.1.27, la società Isosar S.r.l. (successivamente inglobata dall’Energas S.p.A.) ha chiesto una pronuncia di compatibilità ambientale per la realizzazione di un cosiddetto “deposito costiero” di gas a petrolio liquefatto nel comune di Manfredonia, in località Santo piriticchio, zona a vincolo europeo Sic/Zps.

L’impianto sulla carta presenta una capacità complessiva di movimentazione del Gpl in entrata, pari a 300 mila tonnellate annue (60.200 metri cubi) e sarà dotato di un gasdotto di Collegamento dal pontile “alti fondali” della lunghezza di 10 chilometri, di cui 5 sottomarini e 5 chilometri su terraferma, nonché di un raccordo ferroviario per 1,8 chilometri, dal deposito alla stazione di Frattarolo. Con una nota del 21 ottobre 2013, acquisita al ministero dell’Ambiente il 28 ottobre 2013 (protocollo numero DVA 2013-0024526) la Energas S.p.A. ha fatto tenere il cd. aggiornamento dello “studio di impatto ambientale” presentato nel 1999.

La Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS presso il ministero dell’Ambiente ha, grazie ad una retromarcia incredibile, adottato i pareri favorevoli numero 1614 del 16 settembre 2014, numero 1712 del 13 febbraio 2015 e numero 1895 del 15 ottobre 2015. Al contempo, la Direzione generale per il Paesaggio presso il ministero dei Beni culturali, con un tempismo inusitato ha trasmesso il parere favorevole datato 10 novembre 2014 (protocollo numero 31093). A sua volta, anche il Servizio Ecologia della regione Puglia ha espresso il parere ambientale favorevole per tale impianto a rischio di incidente rilevante, recepito con deliberazione di giunta regionale numero 1361 del 5 giugno 2015, a firma del presidente uscente Nichi Vendola. Infine, il ministero dell’Ambiente di concerto con quello dei Beni culturali ha adottato il decreto di compatibilità ambientale numero 295, sottoscritto dai ministri Galletti e Franceschini, che riporta la data del 22 dicembre 2015.

A tutt’oggi, però, nel nebuloso iter non vi è alcuna traccia del concreto progetto definitivo né esecutivo, annunciato da Energas/Kuwait Petroleum, nonché di un vero studio di impatto ambientale, come stabilito dal D.P.C.M. 27 dicembre 1988, numero 16100 che agli articoli 1, 2 e 5 impone al proponente la redazione di uno studio di impatto ambientale «… sviluppato secondo criteri descrittivi, analitici e previsionali. In seguito, il Decreto legislativo 152 del 2006 e s.m.i., all’articolo 22 ha imposto la redazione del progetto definitivo, comunque ancora fantasma. Il cosiddetto “studio di impatto ambientale” sfornato dall’Energas/Kuwait Petroleum, nonostante un aggiornamento cartaceo del SIA datato 25 ottobre 2013, vanta gigantesche lacune progettuali, tale da renderlo inutilizzabile ad una concreta valutazione di impatto ambientale.

Inoltre, nel cd. procedimento di VIA è assente il piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, manca l’analisi dei rischi e dei possibili eventi incidentali, è latitante l’adeguamento del progetto al piano di tutela delle acque (PTA). In particolare non risulta agli atti la caratterizzazione geotecnica del suolo e del sottosuolo, nonostante l’opera ricada in zona sismica 2 e a rischio idrogeologico. Nella fattispecie la sentenza numero 757 datata 12 febbraio 2015 del Consiglio di Stato (VI sezione) ha specificato: «Corollario del principio di precauzione in materia ambientale, nonché principio costante in materia di progettazione, è quello per cui l’acquisizione della relazione geologica non può essere soggetta a valutazioni discrezionali da parte della pubblica Amministrazione, essendo essa obbligatoriamente prevista in ciascuna delle fasi della progettazione in zona sismica». Inoltre, è palese la violazione delle disposizioni di cui all’articolo 5, comma 4, del D.P.R., numero 357/1997, il quale, com’è noto, impone che i progetti assoggettati a procedura di impatto ambientale che interessano siti di valenza comunitaria e zone speciali di conservazione, la valutazione di incidenza nell’ambito della procedura di VIA. E in ossequio al principio di precauzione il proponente non ha considerato l’opzione zero o rinuncia al progetto. Più di tutto appare violata la Costituzione repubblicana italiana (articoli 9, 32) ed il Trattato dell’Unione europea (ratificato dalle legge 1203/1957).

A Manfredonia, in base alle normative vigenti a livello regionale, nazionale e comunitario, non era e non è possibile realizzare ulteriori interventi industriali, tantomeno di insediamenti a grave rischio di incidente rilevante, ai sensi delle direttive Seveso, in particolare la direttiva 2012/18/Ue, recepita dal decreto legislativo 26 giugno 2015, numero 105. In particolare, appare concretamente calpestata la Convenzione europea di Aarhus risalente al 25 giugno 1998 (ratificata dalla legge statale 108 del 2001), che stabilisce i principi fondamentali di precauzione, dello sviluppo sostenibile, nonché del principio “chi inquina paga”.

Dal 4 novembre 2016 gli accordi di Parigi (Paris Agreement) sulla limitazione dell’emissione dei gas serra sono una realtà. L’Italia ha l’obbligo stabilito dall’ONU, di ridurre del 38 per cento entro il 2030 i gas serra, tra cui il Gpl, che di strategico non ha nulla quale risorsa energetica derivata da fonti fossili, per il nostro Paese, se non il lucro di privati. Alla luce della legge 426/1998 e del decreto ministeriale 10 gennaio 2000, l’operazione speculativa dell’Energas/Kuwait Petroleum, doveva essere bocciata alla partenza. Ma non è mai troppo tardi. In ogni caso, sarà utile per arrestare questo tentativo di danneggiare irreversibilmente Manfredonia e la Daunia, violando le regole comunitarie, rivolgersi con una denuncia specifica e documentata alla Commissione europea, alla Corte europea dei diritti dell’uomo (dove esiste già il precedente favorevole della sentenza 19 febbraio 1998), nonché alla magistratura penale e civile italiana. C’è da mettere in conto un’azione di cd. class action nei confronti dello Stato italiano, dell’Eni e della regione Puglia in ragione oltremodo motivata e documentata del gravissimo inquinamento e per la mancata bonifica. «A seguito dell’incidente del 1976 la catena alimentare della popolazione di Manfredonia è molto probabilmente contaminata dall’arsenico» ha attestato la relazione della Commissione tecnica ministeriale istituita dal ministro dell’Ambiente con decreto 10 giugno 1989.

La terra può soddisfare i bisogni di tutti se l’economia rispetta i limiti imposti dalla sostenibilità ecologica e dalla giustizia sociale. Madre natura ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di pochi. Allo sfruttamento senza limiti delle risorse è necessario contrapporre la tutela dei beni comuni. Gaia è un pianeta finito, e non può esserci una crescita infinita su un pianeta finito. Una crescita economica infinita del prodotto interno lordo non può realizzarsi su un pianeta finito. Se si sfrutta troppo il territorio, se si contamina l’acqua, se si manomette il clima, se si inquina l’aria, di fatto si rapinano le future generazioni del diritto di esistere. Il progresso di un belpaese si misura dal rispetto di tutti gli esseri viventi e dalla salvaguardia reale dell’ambiente.

(NOTA STAMPA)

11 commenti su "Gianni Lannes “A tutto gas” – Il caso Energas/Kuwait Petroleum"

  1. Questo articolo con tanto di documenti sono uno schiaffo a Riccardo e sui lecchini. Se lo paragoniamo poi alle due -scritte che il sindaco dice di aver portato a brussells senza nessuno straccio di prova, dovrebbe davvero dimettersi se avesse un briciolo di vergogna, e lavoro. L unico motivo per cui è la il sindaco è perché altrimenti che fa?? L Inetto nullafacente?

  2. Mi viene in mente quella conferenza stampa registrata e diffusa da Stato Quotidiano dove il sindaco ebbe a dire che a Roma bisognava dimostrare con dati tecnici e non chiacchiere di popolo…….
    Quindi altro che presentarsi ai tavoli romani senza poter dimostrare niente,.,,,,,
    Se il sindaco ed i tecnici comunali avessero letto bene le carte (le leggi) già queste bastavano a dissuadere il pazzoide progetto in questo territorio ed a questa distanza da un centro abitato di 60.000 abitanti più tutti quelli intorno….
    Il discorso, a mio avviso, sta solo nel fatto che gli amministratori o meglio certi amministratori oltre che essere abboccati direttamente devono dar conto a chi comanda in pratica sono dei Yes Man e dei propri cittadini e del proprio territorio non gli frega niente….
    Basta che il gioco ritorni nelle mani di chi ha le redini del potere locale…….

  3. Altro che energas , MANFREDONIA dovrebbe essere bonificata da una decina di -, tipo SVOLTA, che impazzano dietro una tastiera.

  4. Bravo svolta, è per meglio specificare, va detto che certi politicanti pensano più alla propria carriera politica che a difendere il territorio da dove poi prendono voti per continuare ad amministrare in modo cosi penoso, che poi, ambiscono a fare carriera politica, vorrei capire, il parlamento italiano non deve diventare una casa di vita per vecchi politicanti all’ultimo stadio di demenza senile, quindi certi politicanti dovrebbero ambire a farsi una cultura vera.
    Questo si che sarebbe un bene per tutta la comunità.

  5. A qualche scienziato locale non è venuto in mente che Il “ricorso” a Bruxelles poteva essere inviato con PEC, invece di spendere soldi pubblici?????? Signor SINDACO ci dia il NUMERO DI PROTOCOLLO della sua deniuncia a Bruxelles, con la quale è stata “protocollata” sta denuncia?????? Speriamo che con le elezioni politiche si vada al voto anche nel nostro comune, al più presto. Ci si vede nel segreto dell’ urna.

  6. Ph cartà a ciucchlet a Bruselles gli saprut, ma vu mett i cavzugilli, cartllet, ost chion, uh gelet indigeno e no di straanir. Ma ph piacer

  7. Branco di incapaci e venditori di fumo, ma guarda un pò, non provamo mai un briciolo di vergogna anche davanti alla più netta evidenza.

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