Roma – NEL 2010 le separazioni sono state 88.191 e i divorzi 54.160; rispetto all’anno precedente le separazioni hanno registrato un incremento del 2,6% mentre i divorzi un decremento pari a 0,5%. I tassi di separazione e di divorzio totale mostrano per entrambi i fenomeni una continua crescita: se nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni erano 158 le separazioni e 80 i divorzi, nel 2010 si arriva a 307 separazioni e 182 divorzi. Lo riporta l’Istat.
La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 15 anni per le separazioni e a 18 anni per i divorzi. L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e di 42 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 47 e 44 anni. Questi valori sono in aumento per effetto della posticipazione delle nozze verso età più mature e per l’aumento delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne. La tipologia di procedimento maggiormente scelta dai coniugi è quella consensuale: nel 2010 si sono concluse in questo modo l’85,5% delle separazioni e il 72,4% dei divorzi.
La quota di separazioni giudiziali (14,5%) è più alta nel Mezzogiorno (21,5%) e nel caso in cui entrambi i coniugi abbiano un basso livello di istruzione (20,7%). Il 68,7% delle separazioni e il 58,5% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. L’89,8% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l’affido condiviso, modalità ampiamente prevalente dopo l’introduzione della Legge 54/2006.
Nel 20,6% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge (nel 98% dei casi corrisposto dal marito). Tale quota è più alta nelle Isole (24,9%) e nel Sud (24,1%), mentre nel Nord si assesta sul 17%. Gli importi medi, invece, sono più elevati al Nord (520,4 euro) che nel resto del Paese (447,4 euro).
Nel 56,2% delle separazioni la casa è stata assegnata alla moglie, mentre appaiono quasi paritarie le quote di assegnazioni al marito (21,5%) e quelle che prevedono due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale (19,8%).
Dati
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Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Non va concesso l’assegno divorzile all’ex coniuge che può permettersi una automobile di lusso!
In sede di divorzio , all’ex coniuge può non essere riconosciuto l’assegno divorzile se conduce un buon tenore di vita al punto da potersi permetter un’automobile di lusso.
Il coniuge economicamente più debole economicamente (che nella maggior parte dei casi è la moglie) ha diritto all’assegno di mantenimento solo quando non abbia redditi autonomi che gli consentano di poter vivere con lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Ciò significa che, prima in sede di separazione e poi in sede di divorzio, gli aspetti relativi alle capacita’ reddituali e alle potenzialità lavorative dell’ ex devono essere valutati con attenzione per evitare che il coniuge obbligato (in genere il marito) diventi, suo malgrado, una sorta di “pozzo di San Patrizio” da cui attingere in continuazione.
In molte coppie accade, quindi, che il coniuge c.d. debole, consapevole della tutela legislativa nei propri confronti ,utilizzi il diritto al mantenimento come una sorta di vendetta nei confronti dell’ex coniuge, avanzando spesso pretese improbabili.
Ma come dice un detto popolare prima o poi la “ruota gira per tutti” ed è quello che avrà pensato un marito quando la Cassazione, con la sent. n. 129/2014, gli ha dato ragione negando alla sua ex moglie il riconoscimento all’assegno divorzile perché la stessa aveva acquistato una macchina di lusso con un contratto di leasing.
Non solo, la donna che pretendeva di essere mantenuta dall’ex marito conviveva con un altro uomo e aveva anche rinunciato al proprio impiego da insegnante.
La somma di tutti questi fattori ha convinto i giudici che la donna vivesse comunque una vita di benessere e grazie a questa decisione l’ex marito e’ riuscito a recuperare ‘ossigeno’ per le proprie finanze!
Foggia, 14 gennaio 2014 Avv. Eugenio Gargiulo