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Banconote false, zecca clandestina al Cep di Foggia: 3 arresti

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
16 Aprile 2012
Capitanata //

I controlli della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Foggia (STATO@)
Foggia – UNA zecca clandestina in un capannone alla periferia di Foggia (CEP) quale prova evidente della diversificazione illecita della “Società foggiana”. Accanto alle estorsioni e allo spaccio di sostanze stupefacenti, la mafia del capoluogo Dauno ha deciso infatti di “specializzarsi” nella produzione di banconote false da immettere sul mercato locale e non. Un business che la mafia locale ha avviato, inizialmente, in “joint venture” con la camorra napoletana, quella dei Casalesi.


I TRE ARRESTATI. I REATI. IL MATERIALE SEQUESTRATO
Con l’accusa di: Falsificazione e spendita di monete falsificate, Fabbricazione o detenzione di filigrane destinati alla falsificazione di monete, ricettazione (con l’aggravante di aver adoperato metodi mafiosi per contiguità con la criminalità), sono stati arrestati stamane, dalla Guardia di Finanza del Comando provinciale foggiano, il 62enne Luigi Coda e il 40enne Gianfranco Laquaglia, pregiudicati di Foggia e affiliati all’organizzazione mafiosa “Società foggiana”. Ulteriore arresto per il 53enne rumeno B.O.I, esperto informatico di nazionalità rumena.

Gli ordini di custodia cautelare in carcere sono stati emessi dal Giudice per le Indagini preliminari di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, che ha indagato in stretta collaborazione con la Procura di Foggia. Al termine delle attività sono state sequestrate: Banconote false per € 135.000; 2654 ologrammi per banconote; altro materiale idoneo alla falsificazione di banconote: carta filigranata, rullo a tripla bobina, macchina per la rilevazione di banconote false.

L’AVVIO DELLE INDAGINI. E’ dalla violazione di un posto di blocco, nel settembre del 2010, che prende l’avvio l’indagine che ha portato agli arresti di oggi: i militari del Comando della Guardia di Finanza di Foggia, in servizio di “controllo economico” sulle strade del territorio, intimavano l’alt a un’automobile, il cui conducente, invece che fermarsi, accelerava e tentava inutilmente la fuga. Dopo un breve inseguimento l’automobilista veniva bloccato. La perquisizione dell’auto rivelava il motivo della tentata fuga: nel portabagagli l’uomo nascondeva un vero e proprio kit, altamente sofisticato, per la riproduzione illecita di banconote (un centinaio di fogli di carta filigranata originale, due stampanti con diverse cartucce di inchiostro, attrezzature utili al taglio delle banconote ed un computer contenente file riproducenti banconote di vario taglio). Tutto il materiale veniva posto sotto sequestro e la Procura di Foggia avviava un’inchiesta.

Nel giro di pochi mesi, però, l’inchiesta assumeva dimensioni tali, sul piano dell’organizzazione criminale coinvolta, da interessare anche la Procura Antimafia di Bari. Sul piano investigativo, invece, ai finanzieri di Foggia si aggregavano anche quelli del Nucleo di Polizia Tributaria (Gico) di Bari.

Il capannone nella zona CEP di Foggia (STATO@)
LE ATTIVITA’ ILLECITE IN UN CAPANNONE AL CEP DI FOGGIA. In seguito, nel marzo del 2011 la scoperta, in un capannone alla periferia di Foggia (CEP), di una zecca clandestina, dove operava uno specialista nell’arte della falsificazione, un rumeno, che al momento dell’irruzione aveva già fedelmente riprodotto banconote del taglio di 20, 50 e 100 euro, per un ammontare di 250 mila euro (120 mila stampati, ma ancora da ritagliare). Le successive indagini hanno permesso di arrivare all’identità degli ideatori e organizzatori del piano criminale. Coda e Laquaglia non solo erano riusciti ad assoldare uno dei migliori falsificatori di banconote presenti sul mercato della contraffazione, il suddetto rumeno, ma erano riusciti anche a procurarsi la materia prima originale (la carta filigranata proveniente dalle cartiere autorizzate).


La precedente operazione.
Le indagini proseguono ora per accertare se fra gli arresti di oggi e quelli operati il 19 marzo scorso ci sono elementi che possano costituire una sorta di continuità fra le due inchieste. La Guardia di Finanza, circa un mese fa, infatti, coordinata dalla Dda di Bari, in collaborazione con la Procura di Foggia, aveva arrestato dieci pregiudicati affiliati alla mafia foggiana e a quella dei casalesi. La carta filigranata proveniva da un carico rubato dalle Cartiere di Fabriano. Un’attività illecita che la “Società foggiana” aveva avviato su disposizione del clan di Casal di Principe che avendo la necessità di delocalizzare le proprie “stamperie” aveva deciso di affidarsi alla mafia dauna perché considerata affidabile. In seguito, con il permesso della camorra, i mafiosi foggiani erano anche riusciti a mettersi in proprio.

I DETTAGLI DELLA PRECEDENTE OPERAZIONE (19.03.2012). L’indagine che aveva portato ai dieci arresti (il 19 marzo) era scaturita da un primo sequestro di carta filigranata eseguito dalla Guardia di Finanza a Barletta il 3 novembre del 2010. Parte di un “prezioso” carico rubato dalla nota industria nazionale “Cartiere Fabriano” (con sede, appunto, a Fabriano, provincia di Ancona), concessionaria in esclusiva per la Banca d’Italia per la fabbricazione della carta per la stampa delle banconote in euro. Le indagini, portate avanti dal GICO di Bari e dal Gruppo GdF di Barletta, supportate dallo SCICO della Guardia di Finanza e dallo SCO della Polizia di Stato per quanto riguarda il versante dei “Casalesi”, avevano consentito di accertare la disponibilità, nell’area casertana, di ingenti quantitativi di carta filigranata originale rubata, da parte dei Casalesi. L’inchiesta, svolta con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali e servizi di appostamento, ha fatto venire alla luce i rapporti d’affari fra gli esponenti del clan dei Casalesi, rappresentati da Angelo D’Errico, parente del noto boss Luigi Venosa, soprannominato “Giggin o’ Cucchiere”, e quelli della mafia del capoluogo dauno capeggiata da Savino Ariostini e Massimiliano Cassitti.

I tre soggetti arrestati al termine delle indagini: Luigi Coda e Gianfranco Laquaglia (ritenuti vicini alla 'Società Foggiana') e B.O.I., 52enne esperto informatico rumeno (STATO@)
Gli investigatori hanno monitorato molteplici incontri tra il clan casertano e quello foggiano. Un rapporto di affari che negli anni era cresciuto e si era consolidato. Nella prima fase i casalesi si volevano limitare solo ad “appaltare” la fabbricazione di banconote false con carta filigranata originale. A tal fine il materiale veniva consegnato ai foggiani per la realizzazione di prove di stampa che poi venivano successivamente esibite e consegnate ai casalesi. In una seconda fase, la mafia foggiana alza il tiro chiedendo ed ottenendo da quella casertana il riconoscimento di una propria autonomia d’impresa: i foggiani avrebbero acquistato direttamente la materia prima e, una volta prodotte le banconote false, avrebbero provveduto a commercializzarle. Un salto di qualità “imprenditoriale” che la mafia foggiana organizza grazie al contributo finanziario dei vertici dei clan riferibili a Francavilla-Sinesi e a Mansueto Michele (focus: l’omicidio di Mansueto e degli altri storici capi della mala foggiana; ma in sede d’indagini fu esclusa al tempo una correlazione fra l’affare indicato e gli assassini dei pregiudicati foggiani).

Redazione Stato, ddf@riproduzione riservata

2 commenti su "Banconote false, zecca clandestina al Cep di Foggia: 3 arresti"

  1. Fabriano si trova in provincia di Ancona, non in provincia di Macerata.
    Fonti: residenza a Fabriano.

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