(ANSA) “Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana” con protagonisti uomini dello istituzioni. La corte d’assise di Caltanissetta, che 14 mesi fa concluse l’ultimo processo sulla strage di via d’Amelio, non fa sconti. E in una motivazione lunga 1865 pagine, depositata nel tardo pomeriggio di sabato, punta il dito contro i servitori infedeli dello Stato che imbeccarono piccoli criminali, assurti a gole profonde di Cosa nostra, costruendo una falsa verità sugli autori dell’attentato al giudice Borsellino.
Che sarebbe stata una sentenza importante lo si era compreso dalla complessità del dispositivo che, il 20 aprile del 2017, condannò all’ergastolo per strage Salvino Madonia e Vittorio Tutino e a 10 anni per calunnia Francesco Andriotta e Calogero Pulci, finti collaboratori di giustizia usati per mettere su una ricostruzione a tavolino delle fasi esecutive della strage costata l’ergastolo a sette innocenti. Per Vincenzo Scarantino, il più discusso dei falsi pentiti, protagonista di rocambolesche ritrattazioni nel corso di vent’anni di processi, i giudici dichiararono la prescrizione concedendogli l’attenuante prevista per chi viene indotto a commettere il reato da altri. (ANSA)