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Banche popolari, M5S: serve indagine conoscitiva

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
12 Marzo 2015
Politica //

Bari – LE prime dieci banche popolari (500 miliardi di attivi su 525 totali circa) costrette a trasformarsi in Società per Azioni entro 18 mesi. È ciò che prevede il testo redatto da Palazzo Chigi, che ingloba anche la “Popolare di Bari” con un attivo tangibile pari a 9.932.592.000 euro. Per il M5S, il diktat del Governo Renzi prevede di “smantellare per decreto una storia secolare di solidarietà che diventa cooperazione, di risparmio che si fa ricchezza”. E per questo, i 5 Stelle hanno chiesto un’indagine conoscitiva per approfondire alcuni aspetti ritenuti assolutamente arbitrari del provvedimento che non sono stati chiariti durante l’iter del decreto.

“Si può fare chiarezza anche ex post e molte forze politiche si sono subito messe nella nostra scia. Hanno sottoscritto la nostra richiesta, infatti, tutte le opposizioni e molti esponenti della minoranza PD – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate (M5S) – Chiederemo di audire Banca d’Italia, Ministero dell’Economia, Corte dei Conti, Bce, Fmi e molti costituzionalisti ed economisti per comprendere da dove nasce la scelta di fissare l’asticella della trasformazione in SpA dagli 8 miliardi di attivi in su. Una scelta che appare del tutto arbitraria. E che dire dei limiti posti al diritto di recesso del socio che non vuole passare dallo status di azionista di una popolare a quello di proprietario di una SpA?”.

“Senza dimenticare – continua L’Abbate (M5S) – che secondo l’art. 45 della Costituzione ‘la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata’, mentre il Governo riconosce la speculazione privata, obbligando una forma cooperativa a trasformarsi in SpA. Inoltre, all’art. 41 la carta spiega che ‘l’iniziativa privata economica è libera’ mentre, secondo questa riforma chi ha deciso liberamente di intraprendere un’iniziativa economica, acquisendo azioni di una Società cooperativa, si troverà da un giorno all’altro in mano titoli di una Società per azioni”.

Non regge poi, secondo i 5 Stelle, la tesi del governo secondo cui la trasformazione delle grandi Popolari in Società per Azioni farà bene nell’ottica di fusioni con altre SpA. Una tesi smentita dal rapporto Liikanen (2012) redatto da esperti Ue, secondo cui il consolidamento è un errore e la dimensione ottimale delle banche non dovrebbe superare i 20 miliardi di attivi. “Ci dicono, poi, che la trasformazione aiuterà il rafforzamento patrimoniale e la raccolta di capitale – prosegue L’Abbate (M5S) – Ma le banche popolari possono già ricapitalizzarsi in base all’articolo 31 del Tub e alcune lo hanno fatto. Intanto, delle dieci maggiori Popolari, già sette sono quotate e, a seguito degli ‘stress test’ in Europa, ad alcune di queste è stata richiesta la ricapitalizzazione che hanno effettuato immediatamente. Mentre, ad esempio, un istituto SpA come Monte dei Paschi di Siena non ce l’ha fatta”.

Anche il mantra “ce lo chiede la Bce!”, secondo i 5 Stelle non sarebbe veritiero. Basterebbe guardare all’estero dove vi sono numerose banche a voto capitario sopra la soglia degli 8 miliardi di attivo in Francia, Olanda, Finlandia, Germania (Rabobank, Pohjola, Credit Mutuel, Credit Agricole, Credit Cooperative, alle Volksbanken e Raffeisenbank). “Perché il problema deve riguardare solamente l’Italia? – conclude il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate (M5S) – Bisogna discernere in modo chiaro le banche che fanno speculazione da quelle che prestano prevalentemente a imprese non finanziarie e famiglie. Il credito mutualistico ha sostenuto l’economia negli anni della crisi, con più prestiti, meno sofferenze e buona solidità patrimoniale. Ci sono dei problemi in alcuni istituti? Basta affrontarli concretamente, e non come vuole fare il GovernoRenzi, ovvero cancellando la biodiversità creditizia per decreto e facendo un favore alla grande finanza internazionale”.

Redazione Stato

1 commenti su "Banche popolari, M5S: serve indagine conoscitiva"

  1. Il Governo Renzi ha approvato per decreto una riforma che obbliga le banche popolari, con più di 8 miliardi di attivo, a trasformarsi in S.p.A. entro 18 mesi dalla pubblicazione dei regolamenti di attuazione.
    Una caratteristica tipica delle società cooperative e delle banche popolari è la regola del “voto capitario”; in tali tipi di società, infatti, ogni socio ha diritto a un voto in Assemblea, indipendentemente dal valore della propria quota di capitale sociale, mentre nelle società per azioni i voti sono attribuiti in proporzione al numero di azioni possedute da ogni socio. Con la trasformazione in spa, le banche popolari più “appetibili” finiranno in mano a investitori esteri. L’operazione può essere considerata un vero e proprio blitz per il sistema bancario italiano, un vero attacco “ideologico e interessato” al credito popolare. In questo momento storico, le banche popolari sono prede ideali per il grande capitale finanziario internazionale; di qui le pressioni dei gruppi di potere della finanza internazionale per cancellare le leggi che le tutelano. Il Governo interviene per decreto, e non con un disegno di legge, per evitare la discussione parlamentare e l’intervento della società civile e del mondo cooperativo. La motivazione ufficiale del Governo Renzi sul provvedimento è: “Con questa operazione circolerà più credito nel sistema”, una tesi semplicemente falsa. Uno studio della Commissione europea, infatti, ha dimostrato che le banche popolari sono le uniche ad aver fornito credito durante la crisi. Qualche analista si è spinto perfino a dire che i “mandanti di questo blitz” vanno ricercati dalle parti della Banca centrale europea!
    Condivido, pertanto, la conclusione dell’articolo della testata dove si dice che si tratta di un “un favore alla grande finanza internazionale”. In Italia, nell’Unione Europea e nel mondo una riforma assolutamente necessaria del sistema bancario e finanziario internazionale è quella che prevede la separazione delle banche commerciali da quelle d’affari, nonché la messa al bando degli strumenti derivati “speculativi”. Tale riforma non solo non si riesce a farla, ma non è nemmeno nell’agenda politica, per le fortissime pressioni degli oligopoli bancari e finanziari internazionali.

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