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“Per una precisa visione storica del ’68”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
29 Luglio 2017
Manfredonia // Ricordi di storia //

Manfredonia, 29 LUGLIO 2017. Ho letto con molta attenzione quanto scritto dal sociologo SILVIO CAVICCHIA a proposito del ’68. Ho pure avuto modo di notare, a margine della seconda parte, un commento, con richiesta di delucidazioni, da parte del dott. R. VAIRO. Molto sinteticamente ho sentito il bisogno di intervenire sulla questione per cercare di condurre nello giusto alveo storico il movimento sessantottino.

Voglio pure anticipare la netta differenziazione tra quelle che possono essere le occasionali considerazioni, le precisazioni soggettive, i conflitti interiori ed altro tipo di sentimentalismo personale, rispetto a quelli che furono i principi informatori del movimento. Premetto, inoltre, di essere stato allevato culturalmente sempre a distinguere “le forme” dalle “sostanze” storiche.

Ho, poi, avuto modo di apprendere da saggi maestri che ogni vissuto umano si caratterizza sempre in uno spazio ben definito, secondo “un prima” ed “un dopo”. Tutto questo perché all’ inizio degli anni ’60, negli USA, si erano avute le prime avvisaglie rivoltose, portate avanti da studenti, per la difesa dei diritti civili. Fu occupata l’ Università di Berkeley, quando cominciava a farsi strada il convincimento che si poteva abbattere le disuguaglianze e le ingiustizie, in maniera subitanea. Nascevano numerosi e colorati gruppi “hippies”e le violente forme di antimilitarismo per la guerra vietnamita. Si tendeva, in maniera definitiva e con una lotta continua, a distruggere le strutture del potere organizzato del capitalismo occidentale e le sovrastrutture fatte di “nomenklatura” burocratica e partitica orientale.

I cultori di filosofia sanno certamente che ogni azione umana consapevole nasce da presupposti teoretici certi. A quali pensatori fece riferimento il ’68per avvalorare il raggiungimento di un’ utopica e nuova civiltà?

Certamente ad alcuni esponenti dell’ “Istituto per la ricerca sociale di Francoforte”. Tra questi, per la parte che ci interessa, Adorno, Horkheimer e Freud. Servendosi anche di Marx e delle sue analisi delle strutture sociali e dello psicanalismo freudiano, Herbert Marcuse divenne il riferimento teorico per i giovani dell’ epoca. Insegnante presso l’ Università di S. Diego, questo studioso aveva scritto nel 1955 “Eros e Civiltà”, e nel 1964 “L’ uomo ad una dimensione: L’ ideologia della società industriale avanzata”.

Ho riletto, ultimamente e per l’ occasione queste due opere ed ancora una volta ho ricavata la convinzione della loro attualità storica. Ho riscontrato di quanto l’ uomo sia schiavizzato nel suo modo di produrre e di quanto sia inibito nei suoi istinti primordiali. L’ “alienazione” diventa categoria sociologica che sottomette l’ essere, fino a farlo diventare schiavo del potere istituito.

Per spiegare meglio questa devastante situazione umana riporto testualmente dal “Dizionario di Filosofia” di Nicola Abbagnano-Terza edizione aggiornata ed ampliata da Giovanni Fornero-UTET-Torino, 1998, pag. 15, quanto segue”…Marcuse a sua volta ha considerato l’ Alienazione come la caratteristica dell’ uomo e della società “”a una dimensione””, cioè come la situazione nella quale non si distingue il dover essere dall’ essere e perciò il pensiero negativo, o la forza critica della Ragione, è dimenticata o messa a tacere dalla forza onnipotente della struttura tecnologica della società (ONE DIMENSIONAL MAN, 1964, pag. 12)”.

Le lotte divamparono in Europa e si ricorda in particolare la virulenza rivoluzionaria del “Maggio francese”, nel marzo 1968. Lo slogan più urlato da parte degli studenti universitari francesi fu “ il est interdit d’ interdire”. Sulla facciata anteriore della Sorbona occupata si leggeva “ La fantasia al potere”. In Italia si formarono avanguardie movimentiste che occuparono numerose sedi universitarie, con i vari leader, quali Toni Negri, Mario Capanna, Adriano Sofri, Oreste Scalzone e Franco Piperno.

Posso affermare con certezza che il PCI o il PCF non furono il riferimento politico del ’68, considerati solamente apparati borghesi e moderati. In particolare il PCI, con i suoi dirigenti, convinto della bontà marxista del movimento, cerò di strumentalizzare le lotte , senza riuscirci. L’ invasione della Cecoslovacchia fu il banco di prova per far passare come liberatoria la categoria politica del “socialismo dal volto umano”, una via non rivolta verso il bene delle classi emarginate.

Il movimento si smarcò ben presto da quale tipo di socialismo che minava dalle fondamenta il concetto hegeliano basato su “tesi-antitesi-sintesi” che non doveva mai cessare per la presa di potere da parte delle forze comuniste. Questo per evitare la moderazione voluta da dirigenti imborghesiti. A Manfredonia il ’68 fu poca cosa, tolta la manifestazione contro l’ invasione della Cecoslovacchia e le interminabili e numerose riunioni, fatte di retoriche esercitazioni, da quella che si considerava l’ “intellighenzia” cittadina.

Pur tra le tante apparenze mediatiche , poi, il movimento si spense, perdendosi in mille rivoli, fino a dissolversi nel nulla. Col tempo prevalse la reazione e la moderazione. Molti furono presi dalle necessità e si inserirono nel mondo del lavoro, sottoscrivendo qualche tessera di partiti di sinistra. Trattengo tra i miei ricordi gli avvenimenti del ’68, forse da sognatore, con la convinzione che non si potrà mai distruggere un movimento storico, ormai mitizzato , per sempre nell’animo umano.

Dott. Nicola CIOCIOLA, Manfredonia 29.07.2017

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