Possa il Premio Leogrande chiedersi a che punto è la notte del giornalismo d’inchiesta in un paese dove chi se ne occupa è spesso costretto a pagarsi le spese per assicurarsi contenuti adeguati!
Sabato 4 settembre si è svolta a Taranto, nel Dipartimento Jonico dell’Università degli Studi di Bari in seno al Convegno Nazionale dei Presidi del Libro, la cerimonia di premiazione della V edizione del Premio Alessandro Leogrande dedicato al giornalismo narrativo di inchiesta, promosso appunto dall’Associazione Presìdi del libro in collaborazione con la Regione Puglia-Assessorato all’Industria Turistica e Culturale. Dopo i saluti istituzionali della presidente Anna Maria Montinaro, Enrica Simonetti ha intervistato gli autori in gara e Nicola Lagioia, il vincitore del premio per il 2021 con il libro La città dei vivi (Einaudi). Il premio è stato consegnato da Maria Giannico Leogrande.
Il libro di Lagioia racconta l’omicidio di Luca Varani, compiuto nella periferia romana da due ragazzi di buona famiglia, Manuel Foffo e Marco Prato. Un ragazzo muore, seviziato in maniera orrenda, altri due vengono segnati per sempre. L’autore si immerge nella storia, intervista i protagonisti, raccoglie documenti e testimonianze, incontra i genitori della vittima, intrattiene un carteggio con uno dei due colpevoli. La città di Roma palpita insieme ai protagonisti, stravolta dalla corruzione ma al tempo stesso capace di far sentire libero chi ci vive come nessun altro posto al mondo.
Nicola Lagioia – Che cos’è il mio libro? Non lo so. Il mondo oggi è così difficile, insondabile. I libri che sanno dare una torsione poetica ai fatti sono necessari. Possa il Premio Leogrande chiedersi “A che punto è la notte” del giornalismo d’inchiesta in un paese dove chi se ne occupa è spesso costretto a pagarsi le spese per assicurarsi contenuti adeguati. La restituzione di complessità è forse il più grande patrimonio che un autore, uno scrittore, un giornalista, un essere umano come Alessandro Leogrande ci possa lasciare!” –
Sulla crisi dell’informazione discute anche Francesca Nava che racconta che ha dovuto licenziarsi per approfondire i contenuti de Il focolaio. Da Bergamo al contagio nazionale (Laterza) – Le inchieste hanno un costo. Non so se ci saranno delle condanne nel procedimento avviato dalla procura di Bergamo, ma il punto è un altro: riscrivere la storia del ‘focolaio’ facendo emergere le ombre di quello che è considerato il fiore all’occhiello della sanità italiana.-
Paolo Pileri col suo Progettare la lentezza (People) sollecita la politica a un sovvertimento del paradigma della velocità; mutare il ritmo vuol dire scoprire ciò che esiste oltre quello che vogliono farci vedere, ad esempio riappropriarsi della Puglia dell’entroterra oltre quella delle coste. – Per capire bisogna stare dentro le cose, come faceva Alessandro!-
La trattativa Stato-mafia è il fil rouge del libro di Giampiero Calapà, A un passo da Provenzano (UTET) frutto di una operazione di legatura di diverse inchieste svolte in anni di indagini. – Il quotidiano è l’anti-lentezza per eccellenza. Spero di aver fatto qualcosa di utile e interessante.-
Gianfrancesco Turano con Salutiamo amico (Giunti) descrive e analizza la rivolta del 1970 a Reggio Calabria contro la designazione di Catanzaro a capoluogo. Quasi un romanzo epistolare, con un linguaggio intriso di forme dialettali, che pone l’amicizia come strumento di crescita e riscatto.
Ricordiamo che alla votazione del Premio Alessandro Leogrande concorrono tutti i presidi del libro, compreso quello di Manfredonia (www.facebook.com/PresidioManfredonia)
Adattamento da nota stampa Presidi del Libro