CERIGNOLA (FOGGIA) – “Mio padre, in ottimo stato di salute, è morto quasi otto anni fa in una sala operatoria (ironia della sorte!) dell’ospedale di Cerignola, durante un intervento routinario.
In maniera del tutto inaspettata.
Non mi sono messa ad urlare, a spaccare tutto, ad aggredire i sanitari.
Ero pietrificata dal dolore. Vedevo chi amavo tantissimo dormire per sempre, coperto da un telo celeste.
Non riuscivo nemmeno a piangere. Ero in stato di shock.
Ho desiderato che tutto l’ospedale crollasse, che tutti pagassero per quella perdita così ingiusta. Ho odiato e detestato coloro che erano in quella sala operatoria e questo sentimento, oggi, non è cambiato.
A torto o a ragione li considero responsabili per non aver attenzionato abbastanza la persona a me più cara.
Ma io mi sono fermata ai pensieri, che sono umani. Com’è umano e’ non aggredire.
La giustizia va cercata nei luoghi e nelle maniere adeguate.
Nessun dolore giustifica la violenza che abbiamo tutti visto nelle immagini, perpetrata ai danni dei colleghi del Policlinico di Foggia. Nessuno.
In fondo credo e spero ancora che ogni medico faccia del suo meglio per salvare la vita di un paziente.
A volte non ci riesce per una complicanza inaspettata, per una fatalità, per pecche nella strumentazione, per la fretta maledetta di andare in un’altra sala (poco personale!) ma credo e spero che siano pochi i casi in cui ciò accade per imperizia, negligenza, imprudenza.
A volte succede.
Nella maggior parte dei casi la verità non verrà mai fuori.
Anche se venisse fuori, nessuno restituirebbe mai la vita a chi abbiamo amato tanto.
Ma vivere in un paese civile, fra persone civili…non giustifica MAI alcun atto di violenza.
La sanità pubblica deve essere messa in condizioni di sicurezza per operatori e pazienti.
Altrimenti, di questo passo, ci saranno sempre meno medici disposti al sacrificio di tanti anni di studio e di turni massacranti se il rischio di essere “pestati” nell’esercizio della propria professione è dietro la porta.
Parlo da persona a sua volta aggredita fisicamente (da una persona che non poteva aspettare! -nessuna situazione di urgenza-), aggressione di cui porto ancora una cicatrice sulla mano destra.
Ma la cicatrice più grande è quella che non si vede: nel cuore …dove mi manca mio padre”.
Lo riporta Silvia Rana, Dirigente Medico Pediatra al Comune di Molfetta (Bari).
E’ risaputo che, ognuno di noi, se si rivolge da un medico per una visita specialistica o intervento chirurgico, è perche’ diamo fiducia o il consenso di operare, altrimenti ci rechiamo altrove.
D’altronde, i medici non sono SANTI per garantire a tutti la guarigione, e solo quando li riteniamo COLPEVOLI di non aver espletato bene il loro lavoro ci si puo’ denunciarli alle autorita’ competente.
Queste reazioni da BRANCO DELIGUENZIALE non fa altro che creare danni e disagi sanitari al altri cittadini in attesa di interventi di guarigione.
E’ arrivato il momento che quei quattro pecor..ni, di organi competenti, si impegnassero a scoraggiare certi atteggiamenti deliguenziali in ogni ambito lavorativo.