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DELIBERA Considerazioni sullo scoppio del 26 settembre 1976 nel petrolchimico ex Anic

L'Amministrazione Comunale del' epoca si era espressa nella maniera seguente, con la deliberazione di Consiglio Comunale n. 350 del 15.10.1976

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
26 Settembre 2024
Cronaca // Manfredonia //

Manfredonia, 22 settembre 2017. Lo scorso anno ho partecipato con interesse alle manifestazioni per la ricorrenza del 40° anniversario dello scoppio ex Anic del 26.9.1976, indette dal Coordinamento Cittadino Salute Ambiente di Manfredonia, l’ Amministrazione Comunale e la Commissione Scientifica della Ricerca Epidemiologica.

Il fine delle manifestazioni era quello della ricerca della verità sulla salute della Città, rispetto al quel tragico incidente.

Con la prospettiva che l’acquisita verità possa portare unità di posizioni rispetto alle prossime sfide ambientali che Manfredonia deve affrontare, specie contro Energas. Poiché è risaputo che “la storia è maestra di vita”, sarà bene rivedere alcune carte per capire quanto insegna la vicenda dell’incidente del 26.9.1976.

Il tutto si pose in un clima di contrapposizione tra le parti, secondo questo sintetico schema.

L’Amministrazione Comunale del’ epoca si era espressa nella maniera seguente, con la deliberazione di Consiglio Comunale n. 350 del 15.10.1976: ”…Il Consiglio Comunale -Considerato che il disastro subito dalle comunità di Manfredonia e Monte Sant’Angelo il 26.9.1976, a causa dello scoppio di una parte dell’ impianto petrolchimico dell’Anic verificatosi dopo anni di permanente pericolosità e di gravi inquinamenti che avevano già prodotto danni irreparabili alla salute ed all’ ambiente ha dimostrato l’ assoluta incompatibilità tra la presenza a meno di un chilometro di un impianto del genere e il diritto alla salute ed alla vita di una popolazione di oltre 50 mila abitanti; Constatato che la scienza e la tecnica confermano l’ impossibilità di risolvere tale incompatibilità; Interprete del sentimento di rivolta delle popolazioni;

A VOTI UNANIMI

Reclama che nel agglomerato industriale gli impianti petrolchimici esistenti, in tempi brevi, facciano posto ad industrie di tipo manifatturiero e comunque pulite e non pericolose, nella salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e nella prospettiva del loro incremento; chiama le Comunità interessate a sostenere questa rivendicazione con adeguate lotte nella consapevolezza di contribuire così anche ai movimenti in atto nel paese Paese per uno sviluppo veramente civile dell’economia e della società”.

Si legge, al contrario, sulla rivista bimestrale “Sapere”, di ottobre-novembre 1977, dal titolo assai emblematico “Manfredonia: l’ imprevisto prevedibile”, a pagina 35, a firma di Michele Boato: “…Il punto di vista degli operai. Gli operai hanno un punto di di vista molto diverso, espresso anche dalla Fulc, il sindacato chimico:””esistono tutte le condizioni tecniche e scientifiche, solo che lo si voglia e che si riescano ad imporre alle aziende e al Governo, per determinare condizioni di sicurezza dai pericoli per la salute dei lavoratori e delle popolazioni dall’inquinamento…””.

Le due posizioni vengono conciliate con saggezza da un volantino fatto stampare e distribuito il 15.12.1976, a cura del “Comitato Unitario per la soluzione del problema del Petrolchimico”, dal titolo assai significativo “La nostra controparte”. Per l’ importanza si riporta integralmente:” Lo scoppio del 26 settembre al petrolchimico aveva fornito, drammaticamente, ai partiti politici, al sindacato, alle forze sociali l’ occasione per riconsiderare unitariamente il problema dell’industrializzazione del Mezzogiorno in generale e quello dell’ industria chimica in particolare, relativamente a una vasta tematica legata agli oggetti prodotti, al modo della loro produzione, al rapporto capitale-occupazione, alla vocazione economica del territorio, al diritto delle popolazioni a conoscere i rischi connessi a certi tipi di industrie, alla facoltà di rifiutarli o accettarli, controllandone, tuttavia l’ intensità e il pericolo, al diritto dei lavoratori alla salute dell’ambiente ecc.

In presenza di un pericolo che lo scoppio ha manifestato, ma che conoscenze più appropriate e approfondite delle sostanze altamente nocive utilizzate in fabbrica estendono molto più in là dello stesso scoppio, era lecito attendersi dai partiti e dalle forze sociali avanzate la difesa del diritto alla salute e forse anche alla vita di tutta la popolazione. Era lecito, cioè, alle forze politiche chiedere il trasferimento dell’ANIC da un’ ubicazione che solo l’ insensatezza ha reso possibile nel passato e che nessuno oggi consiglierebbe per le molteplici ragioni a tutti note. Con una mozione unitariamente sottoscritta dal Consiglio Comunale il 15 ottobre la classe politica di Manfredonia non disattendeva l’ aspettativa di tutta la città,. Qualche partito, anzi, a livello parlamentare, presentava un disegno di legge per l’ istituzione di una commissione parlamentare d’ inchiesta sull’incidente, non solo per accertare fatti e responsabilità, ma anche per indagare sulle attività industriali che impiegano per la produzione materie e procedimenti inquinanti e pericolosi.

Poi sono prevalsi gli interessi delle parti con la conseguente riduzione del problema a “”ANIC si…apre, ANIC no…n si apre, la spaccatura delle forze sociali, politiche e sindacali, la via aperta agli opportunisti e ai carrieristi politici, la confusione delle lingue, una sola certezza : l’ANIC imponeva il proprio gioco. Oggi è diffusa la sensazione che la fabbrica di Stato finirà per riaprire i propri cancelli, dopo aver attinto alla cassa pubblica, senza fornire alcuna garanzia circa la riduzione della intrinseca propria pericolosità, garanzia che pure molti avevano richiesto, in via strumentale , come condizione della riapertura, e soprattutto, grazie anche a coperture locali, senza provvedere, al di fuori della vicenda dell’arsenico, a rendere sicuro l’ ambiente di lavoro, così come gli operai da tempo rivendicavano. Sembra infatti che si stia facendo di tutto per favorire questo ben triste epilogo della vicenda perché, mentre il Comitato regionale per l’ inquinamento condiziona l’ eventuale riapertura della fabbrica all’affidabilità degli impianti e alla garanzia per la tutela dell’ambiente, i gruppi politici locali vanno mutando atteggiamento rispetto alla mozione del 15 ottobre, i rappresentanti provinciali e nazionali dei partiti si raffreddano, della commissione d’ inchiesta opportunamente sollecitata si tace, certuni suggeriscono addirittura la ripresa immediata del lavoro indipendentemente o comunque prima che vengano assicurate le garanzie richieste dal suddetto Comitato regionale, il sindacato si presta, oggettivamente, al gioco dell’Azienda.

Nel momento in cui apprendiamo delle dimissioni del Sindaco, al quale esprimiamo tutta la nostra solidarietà e la stima delle migliaia di cittadini che rappresentiamo per aver egli difeso con estrema coerenza gli interessi della popolazione non contro ma insieme a quelli dei lavoratori dell’ANIC, la situazione è difficoltosa. Tuttavia vogliamo sperare che da una discussione franca e serena sull’argomento si riesca ad individuare i nodi reali del problema, le convergenza fra tutte le forze che hanno un’ opinione, la vera controparte sociale di questa vicenda. Se così non fosse, ci sarebbe da discutere sul ruolo dei partiti, su quello del sindacato, sulla capacità delle loro strutture a rappresentare interessi generali, a tradurre aspirazioni, a interpretare esigenze”.

Queste considerazioni vanno nella direzione di quanto bene ha scritto il prof. S. Cavicchia nell’anniversario dello scoppio della colonna arsenico dell’Enichem.

Intravedo giuste, per concludere, quelle parole dello stesso prof. Cavicchia, secondo cui “…la memoria storica va rivisitata e riattualizzata nel presente, evitando di riproporre divisioni, pur nella chiarezza delle proprie convinzioni e proposte. In tale senso è utile un atteggiamento di attenzione, maturando intimamente dentro di sé la disponibilità all’ascolto reciproco, sempre pronti nell’essere propositivi…” .

Dott. Nicola CIOCIOLA

2 commenti su "Considerazioni sullo scoppio del 26 settembre 1976 nel petrolchimico ex Anic"

  1. Avevo appena 15 anni quando entrai a lavorare nell’ allora petrolchimico ANIC spa con una ditta appaltatrice famosa chiamata IMES srl fui assunto il 1° Giugno 1976 dal famoso Don Antonio Egidio in persona, appena cento giorni di lavoro e mi trovai in quella disavventura. Quella bellissima domenica di settembre ricorreva anche il mio onomastico San Cosimo e Damiano ero in riva al mare in località Sciali Di Lauro ora Rondinelle, quando intorno alle 9.30 /9.45 ora non ricordo bene si senti un forte boato e una colonna di fumo e polvere gialla si alzava verso il cielo. Il resto lo conosciamo tutti. La mia grande rabbia che noi tutti non siamo stati capaci ad imporci a non rientrare in quel maledetto petrolchimico. La mia ignoranza era giustificata dalla minore età, ma poi difatti era uguale ed identica a quella degli adulti che decidevano, Ing. avv. industriali ecc. ecc. ci fecero rientrare al lavoro il lunedì fino al venerdì alle 12.00 poi finalmente capirono la gravità dell’accaduto e ci cacciarono. Ma intanto ci eravamo avvelenati tutti. Io 180 gamma di arsenico. Ricordo livello medio basso forse perché il mio organismo giovane reagiva da solo nel difendermi. Ogni settimana due prelievi di sangue e analisi di urina presso l’infermeria dello stabilimento così respiravamo altro arsenico. Per circa due anni però ho combattuto con torace braccia e schiena pieni di bolle. Malattia sbolognata grazie a oltre 100 bagni solforosi in acqua caldissima. Ora mi chiedo se gli intelligentoni dell’epoca erano migliori o peggiori degli attuali che decidono. Comunque saremmo dovuti rimanere a distanza da quel territorio e invece eravamo costretti ad andarci. Io poi minorenne ci andavo con un piaggio Boxer senza casco perché non era obbligatorio così respiravo meglio. (non ero uno scemo, era l’epoca che ci consideravano e ci consideravamo carne da macello) era l’epoca del padrone che ci faceva lavorare. Sinceramente avevo rimosso questa storia, ma oggi leggendo un poco di articoli, tutto è tornato alla mente come fosse stato ieri. Il mio pensiero va ai tanti ex colleghi di lavoro che non ci sono più, so anche che siamo rimasti in pochi a poter testimoniare l’accaduto. Cosimo Di Lauro

  2. L’unico a trarne ventaggio fu, chi deve la proria carriera “politica” solo cavalcando la tigre al momento opportuno

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