Edizione n° 5339

BALLON D'ESSAI

AL VOTO  // Sostenibilità a tutto tondo. L’idea di paese per Filippo Barbano
17 Maggio 2024 - ore  15:14

CALEMBOUR

MATTINATA // Gianfranco Prencipe assolto da ricettazione targhe di nazionalità tedesca. Virale dopo videoclip
15 Maggio 2024 - ore  11:07

Iscriviti al canale Whatsapp

Foggia

Manfredonia

Cronaca

Politica

Sport

Eventi

San Severo

Cerignola

Islam e cattolicesimo nell’era del terrore: un dialogo possibile?

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
22 Marzo 2016
Editoriali // Manfredonia //

Il dr. Antonio Panza
Il dr. Antonio Panza
Manfredonia. Alla luce degli ultimi accadimenti che hanno coinvolto l’Oriente e l’Occidente, soprattutto in riferimento al convergere di estesi flussi migratori prevalentemente dall’Africa e dalla Penisola Araba verso il nostro continente, i quali hanno comportato il progressivo abbattimento delle distanze sociali e geografiche tra i popoli coinvolti, ma anche in considerazione dei vili attentati in America e in Europa, ad opera di organizzazioni di diversa matrice, e tuttavia unite dal comune denominatore della presunta appartenenza alla religione musulmana, si è riproposto con vigore il tema importante del dialogo interreligioso tra il Cattolicesimo e l’Islam. Di fronte ad atti cosi efferati e crudeli, si è reso urgente, da parte dei rappresentanti delle due confessioni, instaurare un rinnovato confronto, che possa affermare e chiarire i veri ideali della religione musulmana e guardare con occhi nuovi all’esponente del credo diverso, senza giudicarlo e senza voler imporre a tutti i costi i dogmi della propria fede, atteggiamento che alla lunga potrebbe rivelarsi non privo di pericoli e difficoltà, culminando nella non riuscita di un maturo e corretto rapportarsi tra culti che, seppur apparentemente lontani, condividono in realtà un gran numero di componenti. Se è vero che un dialogo appropriato dovrebbe mirare all’oggettiva considerazione delle convergenze e divergenze, in un costante atteggiamento di rispetto e di ascolto, bisogna allora riconoscere che le prime sono numerose nel confronto tra le religioni in questione. Prima di affrontare tale tematica, tuttavia, per tenere le dovute distanze da improduttivi pregiudizi nei confronti dei fedeli musulmani, è necessario innanzitutto risalire alla radice più profonda del termine Islam, vocabolo della lingua araba che sta ad indicare un’attitudine di “sottomissione” nei confronti di Dio. Ebbene, essendo l’arabo classico una lingua radicale, oltreché idioma sacro della fede musulmana, il cui testo principale, il Corano, è stato scritto e tramandato proprio in questa lingua, il termine condivide le stesse lettere radicali della parola Salam, ovvero “pace”, corrispondente all’ebraico Shalom.

Non si può quindi in alcun modo ritenere questa fede come un culto votato alla guerra, all’invasione, agli eccidi, ai massacri o agli attentati degli ultimi anni, seppur spesso diversi media ci conducono a pensarla così, portando pressoché quotidianamente alla nostra attenzione il sostantivo Jihad in qualità di presunto sinonimo di conquista e di sopraffazione dei popoli non musulmani, con ogni mezzo possibile, compresa la violenza e l’omicidio. E’ una parola a cui gli stessi movimenti terroristici fanno riferimento per descrivere il movente delle loro azioni e la loro natura di agglomerati aventi lo scopo di instaurare la legge islamica nel mondo intero. Eppure il termine in questione non ha altro significato, se non quello di “sforzo nel procedere sulla via di Dio” e in tal senso esso è innanzitutto identificato come lotta interiore contro il proprio io con i suoi vizi e peccati. Si tratta dunque di un’accezione ugualmente avvalorata dal Vangelo, il quale proclama il raggiungimento della salvezza tramite un impegno continuo e perseverante di rinnegamento della propria tendenza al male in favore del bene. A proposito del compimento degli attentati, ultimo in ordine cronologico quello di Bruxelles del 22 Marzo, è il Corano stesso a venirci incontro, asserendo nella Sura 5, versetto 32: «Chi uccide una persona è come se avesse ucciso l’intera umanità, e chi salva la vita di una persona è come se avesse salvato tutta l’umanità».

Il profeta Muhammad avrebbe poi affermato: «Chi commette suicidio con qualsiasi mezzo in questa vita sarà torturato con lo stesso mezzo nel Giorno della Resurrezione». Si tratta di prescrizioni di importanza straordinaria nella misura in cui ci aiutano a chiarire il divario che sussiste tra un kamikaze di Al Qaeda o dello Stato Islamico e un fedele musulmano: non è possibile infatti intraprendere un percorso tortuoso e impegnativo come quello del dialogo tra le due fedi e del confronto tra i suoi rappresentanti ed esponenti, senza aver prima appurato l’incoerenza e l’impossibilità di confessarsi musulmano da parte di un individuo che estirpa centinaia di innocenti vite facendosi esplodere nel nome di un Dio che di certo non è quello degli insegnamenti coranici. Lo stesso Papa Francesco, che a seguito della strage di Bruxelles ha condannato “la violenza cieca del terrorismo che provoca così tanta sofferenza” e di cui ora riportiamo alcuni versi della recente Esortazione apostolica EvangeliiGaudium, ha riconosciuto nella Sacra Scrittura dell’Islamun “libro di pace”. Nello specifico, in questo documento cosi importante e prezioso per il dialogo interreligioso, egli scrive: «In quest’epoca acquista una notevole importanza la relazione con i credenti dell’Islam, oggi particolarmente presenti in molti Paesi di tradizione cristiana dove essi possono celebrare liberamente il loro culto e vivere integrati nella società. Non bisogna mai dimenticare che essi, “professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale”.

Gli scritti sacri dell’Islam conservano parte degli insegnamenti cristiani; Gesù Cristo e Maria sono oggetto di profonda venerazione ed è ammirevole vedere come giovani e anziani, donne e uomini dell’Islam sono capaci di dedicare quotidianamente tempo alla preghiera e di partecipare fedelmente ai loro riti religiosi. Al tempo stesso, molti di loro sono profondamente convinti che la loro vita, nella sua totalità, è di Dio e per Lui. Riconoscono anche la necessità di rispondere a Dio con un impegno etico e con la misericordia verso i più poveri.»

Il Sommo Pontefice conferma dunque quelli che sono i fattori comuni nelle due fedi: innanzitutto, Gesù Cristo è annoverato dai musulmani tra i profeti più importanti nella storia della salvezza, pur negando la sua crocifissione, morte e risurrezione, e additandogli piuttosto il ruolo di precursore del Profeta Muhammad durante la sua missione terrena. Assolutamente degna di nota è poi la venerazione che i fedeli islamici riservano alla Vergine Maria, descritta in prevalenza come la donna più importante tra quelle presenti nel testo coranico: anch’essi, infatti, le attribuiscono il parto verginale di Gesù, seppur in circostanze e contesti differenti da quelli presentati dal Vangelo. Allo stesso tempo, Cristianesimo e Islam condividono la comune paternità, d’altronde insieme all’Ebraismo, di Abramo, cosi come la presenza di profeti come Mosè e Noè, senza tralasciare le convergenze nella descrizione della creazione che ha in Adamo il primo protagonista umano. Quanto al contenuto morale delle scritture e alla loro osservanza, è certo da elencare tra gli elementi di accordo l’accento posto su virtù come l’amore reciproco, la carità, la pazienza, l’umiltà, ma anche il valore della preghiera, del digiuno e dell’elemosina, azioni particolarmente raccomandate al cristiano durante il tempo sacro della Quaresima, conclusosi quest’anno di recente con i riti del Triduo Pasquale, e al musulmano nel corso del mese di Ramadan, la cui cadenza è variabile. La religione islamica professa inoltre, come quella cristiana, l’unicità di Dio e l’urgenza della conversione in prospettiva del giudizio finale e della resurrezione dei morti. Gli ostacoli al dialogo sono invece rappresentati primariamente dall’assenza di un capo religioso o di una guida assoluta nell’Islam, a differenza del Cattolicesimo che contempla la presenza del Papa. E’ certo rilevante l’opinione e l’apporto fornito dall’imam, il quale però è semplicemente confinato ad una mera funzione di punto di riferimentodurante il rituale della preghiera in moschea, a cui si aggiunge il commento ai passi coranici recitati. Tuttavia, le numerose e spesso contrastanti ramificazioni caratterizzanti il culto islamico, in primo luogo la distinzione tra sunniti e sciiti a cui corrispondono diverse considerazioni nei confronti dell’imam e il gran numero di queste guide, inducono ad una profonda difficoltà nell’individuare i rappresentanti più adeguati per un confronto completo e fruttuoso.

Tantomeno non si può tralasciare di evidenziare come le fonti della religione musulmana coincidano con quelle del diritto e della giurisprudenza. In tal senso, la vita di ogni singolo fedele è totalmente assorbita nel rispetto di precetti e prescrizioni il cui valore trascende ampiamente la pura sfera del culto, abbracciando con medesimo vigore la normativa giuridica. D’altra parte, il progressivo democratizzarsi degli Stati, che hanno cosi effettuato una netta separazione tra religione e politica, ha in una qualche misura coinvolto anche le istituzioni di alcuni governi nei paesi musulmani, fermo restando che in altri paesi si assiste invece ad una sistematica privazione dei diritti umani e delle libertà più elementari mediante il pretesto delle proibizioni religiose. Il dialogo tra le due confessioni necessita indubbiamente di nuovi e sempre più energici stimoli, attraverso una graduale rivalutazione e riconsiderazione dell’altro come qualcuno che ha qualcosa da donarci e di cui arricchirci spiritualmente e moralmente, cosi da abbattere muri costruiti spesso sulla base di insignificanti stereotipi, e da edificare le fondamenta per nuovi rapporti tra i popoli, ricordando che senza reciprocità non vi può essere cooperazione e alleanza di qualsiasi natura, né tantomeno può essere attuato un integrale percorso di maturazione del singolo, come attestano le parole del grande poeta e scrittore araboGibran Khalil Gibran, energico sostenitore del dialogo interreligioso, con la cui esortazione porgo ai lettori i miei personali auguri di una Santa Pasqua, affinché il nostro quotidiano operare e impegno ci conduca al maturo e gradito frutto della pacifica e serena convivenza e della mutua condivisione, senza mai demonizzare ed emarginare il nostro prossimo: «Dio mi guardi dall’uomo che si proclama fiaccola che illumina il cammino dell’umanità. Ben venga l’uomo che cerca il suo cammino alla luce degli altri.»

(A cura del Dott. Antonio Panza – Mediatore Interculturale)

5 commenti su "Islam e cattolicesimo nell’era del terrore: un dialogo possibile?"

  1. Come sempre tante Belle parole.l’islam non e’ religione ma politica maschilista e chiusura di liberta’.equivale a suicidio di massa.Scendere a compromessi?Pura Follia.loro non trattano , comandano.

  2. Ho letto il qui presente testo.. ma onestamente ciò che più mi ha lasciato un pò rammaricato è il facile criticare e sparare a zero da parte di leoni da tastiera che leggono il titolo e poi vagheggiano senza riuscire nemmeno ad unire due parole sensate.. Al di là delle opinioni condivisibili o meno dell’autore, se hai letto l’articolo non mi pare ci sia scritto di scendere a compromessi o accarezzare i terroristi. Non credo sia scritto in arabo: è scritto semplicemente che i terroristi non sono da considerarsi musulmani perchè il Corano dice altro, e che dobbiamo proteggerci dal rischio di odiare tutti gli immigrati solo perchè sono arabi o musulmani. Si parla inoltre del dialogo tra le fedi come un modo per evitare queste eventualità di razzismo ed emarginazione.. Mah.. Più chiaro di cosi??

  3. Mi rifiuto di leggere questo articolo perchè in questo momento andrebbero cancellate tutte le religioni. La prima cosa da fare è eliminare gli “assembramenti”, eliminare il culto religioso in comune. Tanto per intenderci bisogna chiudere tutte le chiese, le moschee, le sale di culto evangelico ed ogni altra forma di funzione religiosa collettiva. Io posso pregare da solo, con la mia famiglia, con i miei dirimpettai o su internet ma basta con le coperture ai furbi che reclutano fanatici e organizzano morte e distruzione.
    Le armi dovete fabbricarle solo per i cacciatori di storni o uccelli cresciuti in abbondanza e le “bombe” sono per scavi rocciosi.

  4. Se i terroristi dell’isis non sono musulmani,perche’ quest’ultimi non aiutano le polizie europee a scovare queste bestie, invece di proteggerli nei loro quartieri come e’ successo a Bruxelles?.
    E’ mai possibile che in tutti questi anni non hanno mai fatto una segnalazione?.

  5. Se i terroristi dell’Isis sono musulmani, come si spiega signor Vergura gli attentati in Siria, Iraq, Tunisia e Turchia da parte dell’Isis dove hanno perso la vita centinaia di musulmani?

Lascia un commento

Non ci resta tanto tempo. Il sogno non diventa realtà da solo: bisogna corrergli dietro. (Carlito’s Way)

Anonimo

StatoQuotidiano sei tu!

StatoQuotidiano, fondato nell'ottobre 2009, si basa sul principio cardine della libertà d'informazione, sancita dall'art. 21 della Costituzione.

Il giornale si impegna ad ascoltare la comunità e a fornire informazione gratuita, senza sostegno di classi politiche o sociali.

Ai lettori che ci seguono e si sentono parte di questo progetto, chiediamo un contributo simbolico, per garantire quella qualità che ci ha sempre contraddistinto!

Compila il modulo con i tuoi dati per inviare segnalazioni, denunce, articoli, video, foto, richieste, annunci ed altro.

Compila il modulo con i tuoi dati per inviare segnalazioni, denunce o disservizi.

Compila il modulo con i tuoi dati per promuovere la tua attività locale, pubblicizzare un evento o per proposte di collaborazione.

Nessun campo trovato.