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Noi marziani – P.K.Dick, 1998

AUTORE:
Carmine Totaro
PUBBLICATO IL:
26 Ottobre 2015
Cultura //

Bologna/Manfredonia. Romanzo del 1964 pubblicato per la prima volta dall’editore Fanucci nel 1998, “Noi marziani” è stato riproposto nel 2007 in un’edizione speciale con introduzione, cura e traduzione di Carlo Pagetti e con postfazione di Nicoletta Vallorani.

NOI MARZIANI. “Negli anni Novanta, i grandiosi progetti di colonizzazione interplanetaria sono stati dimenticati e Marte è ancora pressoché disabitato. Il lungo periodo di disinteresse ha favorito lo sviluppo di ogni sorta di traffici, dal contrabbando alla speculazione sulle aree che costeggiano la preistorica rete di canali, e la vita sul pianeta rosso è dura, come sempre è stata sulla Terra. L’avido Arnie Kott, il Membro Supremo del potente Sindacato degli Idraulici, è uno spietato affarista, determinato a sfruttare a proprio vantaggio ogni risorsa che il pianeta può ancora offrire. E chi potrebbe fermare il suo disegno? Forse le antichissime tradizioni dei Bleekmen, gli aborigeni marziani superstiti, o una realtà molto più sottile e sconvolgente: l’abisso spalancato negli occhi di Manfred, il ragazzo autistico che scivola avanti e indietro nel tempo, nei regni dell’entropia e della morte”.

ANALISI. Il titolo originale dell’opera è “Martian time-slip”, ma in Italia è conosciuto come “Noi marziani”. Autore di culto, molto amato a Hollywood, Philip K. Dick ci ha lasciato capolavori indimenticabili, ma tutta la sua produzione è di grande qualità, come questo romanzo del 1964 ambientato in una colonia marziana. Oggi l’argomento “Marte” è di attualità, grazie alle previsioni di imminenti viaggi verso il pianeta e anche per merito del successo mondiale del film The Martian (in Italia “Sopravvissuto”) di Ridley Scott, tratto dal libro “L’uomo di Marte” di Andy Weir (https://www.statoquotidiano.it/15/12/2014/luomo-marte-weir-2014/279996/). Quella di Philip K. Dick è una fantascienza cupa e introspettiva, scarsamente descrittiva e immaginifica, concentrata sull’uomo e sui suoi demoni interiori. In “Noi marziani” si parla di schizofrenia e autismo, in maniera talvolta bizzarra, di viaggi nel tempo resi possibili dalla malattia, di distorsioni della realtà e del linguaggio, con Manfred, il bambino autistico che sembra ripetere ossessivamente una sola parola: putrío. Su tutto incombe minacciosa e sempre presente la morte, evocata già dal termine putrío. C’è molto di autobiografico in questo romanzo, come ammette lo stesso autore scrivendo a James Blish nel maggio del 1964.

L’AUTORE. Philip K. Dick nasce a Chicago il 16 dicembre 1928 insieme alla gemella Jane, che morirà poche settimane dopo. Nel 1955 esce il suo primo romanzo, Lotteria dello spazio. Durante un’esistenza segnata dalle difficoltà economiche, Philip K. Dick scrive capolavori come La svastica sul sole, Ubik, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, da cui è tratto Blade Runner di Ridley Scott. Negli anni Sessanta pubblica l’ultima sua opera, la trilogia di Valis. Muore il 2 marzo 1982, stroncato da una serie di attacchi cardiaci. La notorietà di Philip K. Dick deve molto agli adattamenti cinematografici, tra cui Atto di forza (1990), Screemers – Urla dallo spazio (1995), Impostor (2002), Minority Report (2002), Paycheck (2003), Un oscuro scrutare (2006), Next (2007).

Il giudizio di Carmine
Philip K. Dick
NOI MARZIANI
1998, Fanucci
Valutazione: 3/5

(A cura di Carmine Totaro – Redazione Stato Quotidiano.it)

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