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DIA Messina confisca beni per 25mln

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
30 Dicembre 2013
Cronaca //
Direzione Investigativa Antimafia

IL 6 dicembre 2013, il Tribunale di Messina – Misure di Prevenzione di Pubblica Sicurezza – in accoglimento ad una proposta scaturita da un’indagine diretta dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, Dr. Vito Di Giorgio, sotto il coordinamento del Procuratore Capo, Dr. Guido Lo Forte – ha disposto la confisca di tutto il patrimonio, per un valore stimato di 25 milioni di euro, a carico di un noto imprenditore Lamonica Antonino, sospettato di contiguità con esponenti di spicco di gruppi mafiosi operanti nella fascia tirrenica-nebroidea della provincia di Messina.

A carico del medesimo, considerata la sua pericolosità sociale, è stata altresì disposta, dalla stesse Autorità, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di 2 anni.

Il provvedimento del Tribunale peloritano, accogliendo in toto, tutte le conclusioni dell’articolata attività di investigazione patrimoniale, posta in essere dalla D.I.A. di Messina nel marzo e novembre del 2012, ha condotto alla confisca dell’ingente patrimonio nella disponibilità dell’imprenditore, anche attraverso schermi societari comunque allo stesso riconducibili.

Nelle indagini che hanno permesso la confisca dei beni all’imprenditore di Caronia Antonino Lamonica, la DIA di Messina e la Procura peloritana hanno opportunamente valorizzato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano, ex capo dei “Mazzarroti”. Infatti, in un passaggio del provvedimento emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Messina, il Bisognano, nel ricostruire gli assetti mafiosi radicati nella zona di Barcellona tra il 1980 e il 2008, sottolinea, con dovizia di particolari, che il Lamonica Antonino, era un imprenditore di Caronia molto vicino al pluripregiudicato Giuseppe Lo Re, detto Pino.

Nel parlare di vicinanza il Bisognano afferma che Lo Re era il referente ddi Lamonica per la zona compresa tra Caronia e Santo Stefano di Camastra per ciò che concerne gli appalti pubblici. Tale contiguità, permetteva a Lamonica e quindi al suo gruppo societario l’aggiudicazione, in spregio delle normali regole di concorrenza, di lucrosi appalti e subappalti, come è avvenuto per il completamento dell’autostrada “A20 ME-PA” e per i lavori di metanizzazione di alcuni Comuni nebroidei.

Il collaboratore confermava altresì che Lamonica Antonino versava, quale controprestazione dei vantaggi ottenuti, a Pino Lo Re una parte del denaro ricavato dai lavori che ottenevano. Le conoscenze del Bisognano con il Lamonica risalivano a far data degli anni novanta, periodo in cui aveva avuto l’incarico, da parte della cosca barcellonese, di “attenzionare” lo stesso Pino Lo Re, poiché si stava “allargando” nella gestione degli appalti pubblici nella zona di Caronia, Acquedolci e Santo Stefano di Camastra.

Considerata l’anomala espansione economica di Lo Re, dalla cosca non autorizzata, il collaboratore Bisognano fu incaricato di monitorare la situazione, scoprendo che Lamonica Antonino, era un imprenditore molto vicino a Pino Lo Re e questa stessa vicinanza, aveva permesso a tutto il gruppo imprenditoriale di registrare un vorticoso aumento di fatturato.

Nello specifico l’ex boss dei Mazzarroti ha spiegato che i rapporti di vicinanza tra l’imprenditore e Pino Lo Re sono stati, quantomeno in essere, fino all’atto del suo arresto, avvenuto nel novembre del 2003. Nell’ordinanza di confisca che ha disposto l’ablazione di tutto il patrimonio in capo a Antonino Lamonica, il Presidente della Sezione misure di prevenzione, Nunzio Trovato, si sofferma sulla «pericolosità sociale» dello stesso, sottolineando che Lamonica, attraverso la “Eco Service Srl”, ha intrattenuto nel 2007 numerosi rapporti di affari con diverse imprese aventi sede nelle province di Trapani e Palermo, tra cui la “Atlas cementi Srl”, con la quale venivano riscontrate forniture di materiali per un significativi importi.

Tale ultima società, riconducibile a Rosario Cascio, ritenuto organico a Cosa nostra, è stata recentemente sottoposta a sequestro dal Tribunale di Agrigento ed era già stata oggetto di sequestro preventivo, adottato dal gip del Tribunale di Palermo il 24 febbraio 2009.

Per Il Tribunale di Messina Antonino Lamonica sarebbe soggetto «contiguo a sodalizi mafiosi» presenti nella zona nebroidea della provincia di Messina che agisce secondo i consueti canoni dell’intimidazione e della prevaricazione, mirando ad inserirsi a pieno titolo nella costruzione dell’autostrada Messina-Palermo, tra Furiano e Santo Stefano di Camastra, ottenendo «indebiti benefici economici che riuscivano a imporre sul mercato in spregio alle regole della libera concorrenza, come dimostrato dall’episodio dell’estorsione ai danni del Consorzio Caronia Uno».

Nelle attività investigative condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia, a carico di Lamonica Antonino, erano emersi significativi elementi comprovanti un quadro di pericolosità sociale derivante dall’anomala ascesa imprenditoriale di Lamonica, da tempo a capo di un consolidato gruppo con interessi anche extra-regionali ed un vorticoso fatturato annuale; l’esistenza di una evidente discrasia tra i beni disponibili ed i redditi ufficiali; il coinvolgimento in diversi procedimenti penali per reati di stampo mafioso, come emerso nelle operazioni: “Barbarossa” del 1999 (nella quale Lamonica Antonino veniva colpito da misura custodiale in carcere e condannato in 2° grado a 3 anni e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento ad € 800,00 di multa), “San Lorenzo” del 1999 (che vedeva coinvolti personaggi di assoluto rilievo criminale, quali i noti Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro) e “Montagna” del 2007.

La confisca ha interessato diversi contesti societari (5 imprese), comprendendo i relativi patrimoni aziendali, parco auto (vetture di grossa cilindrata, quali una BMW “X6”, una “Audi A6 3.0”) e rapporti finanziari, per un valore di mercato di circa 25 milioni di euro.

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