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Parola a Sofia Corradi, ideatrice dell’Erasmus

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
9 Maggio 2016
Attualità // Scuola e Giovani //

Roma. Il 31 ottobre 2015, ho incontrato per la prima volta, dopo alcune telefonate la professoressa Sofia Corradi. Ma già dalla prima conversazione ero rimasta sorpresa da quella voce così allegra e da quella sua innata capacità di saper descrivere fatti e avvenimenti come se si trattasse di veri e propri racconti. Una capacità che Sofia poté imparare e implementare perché durante una della sue tante rocambolesche esperienze di vita finì a New York come capodelegazione, alla Commissione dei diritti umani, della International Federation of Business and Professional Women. E lì incontrò il famosissimo giornalista Ruggero Orlando e Miss Patterson. Miss Patterson era una sindacalista inglese che aveva preso la giovane a ben volere e che se la portava con sé per insegnarle come comportarsi per realizzare le proprie idee. Miss Patterson ripeteva sempre a Sofia “Sofia, do it conversionally”. E questa lezione, Sofia, non solo la ha imparata; ma l’ha utilizzata proprio per battersi i suoi ideali pacifisti. Ma torniamo al 31 ottobre. Io e Sofia ci eravamo date appuntamento per prenotare insieme dei biglietti per andare a Parigi. Infatti, in una delle nostre telefonate le chiesi se sarebbe voluta venire con me, a Parigi, ad una conferenza, dal titolo “Le genre de l’intégration européenne” che si sarebbe tenuta dal 19 e 20 Novembre 2015. Quella mattina, era un sabato, e non trovammo nessuna agenzia di viaggio aperta o che potesse aiutarci; ma in compenso io passai una delle giornate più stimolanti della mia vita. Scoprii, infatti, la storia di una donna eccezionale. Una donna che a sua volta era stata una ragazza come me, con dei sogni e con la fermezza di volerli realizzare. L’idea dell’Erasmus, infatti, Sofia la ebbe una volta tornata a Roma dopo aver passato un anno alla Columbia University. In quegli anni infatti il “muro di gomma” della burocrazia come la stessa Corradi lo definì nelle successive interviste che le feci il 21 novembre 2015, il 28 gennaio 2016 e il 22 febbraio 2016 era quasi impossibile da vincere.

A lei non riconobbero gli esami sostenuti all’estero. E da lì iniziò la sua battaglia per il riconoscimento dei crediti, allora sconosciuti al sistema universitario italiano, e per la promozione degli scambi universitari. Non che l’idea degli scambi universitari non fosse stata già promossa. Infatti già nel 1958 veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (n. 69 del 2031958) la Legge 4 febbraio 1958, n. 157 Ratifica ed esecuzione delle Convenzione europea sull’equivalenza dei periodi di studi universitari, firmata a Parigi il 15 dicembre 1956. In realtà, Sofia, non si era inventata nulla di nuovo ma era stata capace – avendo avuto l’opportunità di lavorare all’interno della Conferenza dei Rettori Italiani e soprattutto a grandi rettori Come Alessandro Faedo e Vincenzo Buonocore – di realizzare i suoi sogni di gioventù. Raccontava nell’intervista: “Sì, l’Erasmus aiuta a diventare adulti. Ma, mi faccia spiegare meglio, non adulti in un senso tetro chiuso, senza sogni. Con l’Erasmus, io lo vedo, si impara a sognare intanto ma a collocare i propri sogni nella zona delle cose realizzabili. (…) Perché le idee veramente originali e creative non le hanno mica i professoroni quelli che ormai la carriera la hanno fatta, questa è un incoraggiamento che io do sempre ed esplicitamente ai giovani. Le idee veramente innovative verso i 20, 30 massimo 40 anni. Al di sopra dei 40 si possono solo gestire bene le idee che uno ha avuto durante la gioventù.”

Dopo i tristi fatti di Novembre a Parigi, poco prima della nostra partenza, io e Sofia decidemmo di non partire più, ma continuammo a sentirci. Pensai, così, di proporre una sua testimonianza all’interno del ciclo di conferenze sulle “Madri Fondatrici d’Europa” che avevo lanciato come proposta nel 2014 agli Young Leaders (dei giovani ricercatori dell’Istituto Luigi Sturzo) e
che aveva visto il suo primo incontro su Ursula Hirschmann, il 26 gennaio 2015. Il titolo della conferenza che organizzammo il 26 gennaio 2016 suonava così: “Sofia Corradi: un sogno europeo divenuto realtà”. All’evento partecipò anche l’ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris, coordinatore del gruppo di giovani ricercatori Young Leaders, e che aveva conosciuto la Corradi già nell’89. La professoressa mi raccontò anche del loro primo incontro, frutto di una coincidenza assai curiosa. L’occasione che li fece incontrare fu una conferenza, che riuniva i rettori italiani e i rettori tedeschitenutasi a Villa Vigoni (sul Lago di Como). Tra i temi all’ordine del giorno vi era ancora la questione della difficoltà del riconoscimento dei crediti universitari. E durante il suo intervento l’ambasciatore Ferraris citò proprio un libro, da poco pubblicato, della professoressa.

Le numerose e lunghe interviste che Sofia mi ha gentilmente concesso di farle, sopportandone anche la fatica, sono state un continuo arricchimento culturale e personale. Prima di incontrare Sofia io stessa non mi ero mai resa conto di quanto fossi stata fortunata a poter effettuare un’esperienza di Erasmus Placement. Per questo ho pensato di condividere brevemente la sua storia (sperando in futuro di poter pubblicare l’intervista integrale) per consentire a tutti quei ragazzi che hanno avuto l’opportunità, o forse anche la curiosità, di conoscerla. Sofia Corradi è nata a Roma nel 1938. I suoi genitori, Cosimo Corradi e Maria Pizzo, erano di origine piemontese e si erano conosciuti per caso. Sua madre Maria aveva incontrato in un giardino pubblico il padre del suo futuro marito il quale insistette affinché la giovane conoscesse quel suo bel figlio ingegnere, che si era laureato al Politecnico di Torino con il massimo dei voti e poi specializzato in Belgio nella nota e prestigiosa Scuola delle Miniere. I due così si incontrarono e tra loro nacque subito un profondo amore che una volta l’ingegnere descrisse così “Il nostro amore cresce ogni giorno in maniera esponenziale”. Sofia fu la prima figlia della coppia, a cui seguirono le due sorelle Gemma e Livia. Il sogno di Sofia era quello di diventare pediatra e di occuparsi della crescita e dello sviluppo dei bambini. Ma il padre non acconsentì e così Sofia finì per studiare Giurisprudenza all’Università di Roma.

Rilevante per la sua carriera, ma in generale per tutta la sua vita, è stata la vincita di una Borsa di Studio Fulbright verso la fine degli anni ‘50. Borsa che anche sua sorella Gemma Corradi Fiumara, quattro anni più piccola di lei, vinse nel suo stesso anno. Inoltre, accanto a quell’esperienza la professoressa Corradi ricorda con piacere un importantissimo incontro che ne segnò, poi, tutta l’esistenza: l’incontro con la dottoressa Cipriana Scelba. La dottoressa, direttrice per quarant’anni a partire dal 1948 della Commissione Fulbright e scomparsa all’età di 95 anni nel 2015, conobbe Sofia e sua sorella Gemma per via di una questione relativa alla Borsa Fulbright. I due genitori, infatti, non avrebbe acconsentito a mandare le due figlie in America, se non a condizione che entrambe vincessero la borsa. E fu così che le due giovani si fecero coraggio e andarono a parlare con la dottoressa Scelba che ascoltò garbatamente la loro conversazione e annotò sulle loro cartelle “I genitori non acconsentono a mandarle in borsa di studio, se non insieme”.

Le due ragazze riuscirono, così, a partire. E sebbene Sofia non avesse ricevuto la borsa completa poté coprire il vitto e l’alloggio con una borsa della Columbia University. E fu proprio da quell’esperienza vissuta personalmente, delle battaglie contro la burocrazia universitaria che spinsero la giovane a battersi affinché in futuro gli scambi universitari fossero facilitati. L’occasione giusta si presentò per Sofia durante gli anni di collaborazione alla Conferenza dei Rettori e la possibilità di aver così i contatti e i numeri telefonici dei rettori europei. Nel 1969 Sofia scrisse un promemoria in cui già descriveva la composizione di quelli che sarebbero divenuti in seguito i Joint Study Programmes nel 1976 e in seguito, nel 1987, il Programma Erasmus.

Ma come questa giovane ragazza è riuscita poi con il tempo a non dimenticare il suo sogno di gioventù? Certamente grazie alla sua tenacia e forza di volontà e alla sua curiosità. Tra i numerosi episodi raccontatomi da Sofia quello più calzante è certamente uno. Il padre Cosimo, da buon ferroviere e uomo di mondo, voleva che le figlie imparassero le lingue straniere. Insegnò a Sofia il francese facendole leggere un bel libro a colori di Robinson Crusoe a e le fece perfezionare le altre lingue organizzando d’estate, essendo ferroviere e avendo agevolazioni, dei lunghi viaggi in treno. Durante uno di questi viaggi, in Spagna, Sofia venne colpita dallo spettacolo della Corrida. In particolare dai vivaci colori degli abiti che indossavano i toreri. Fu così che decise di comprare una rivista sul tema intitolata “El Ruedo”. La parola più ricorrente della rivista era la parola “entregar. E veniva adoperata quando veniva consegnata al Matador la muleta. Durante una conferenza in spagnolo organizzata da un suo professore, che aveva invitato un collega spagnolo, Sofia prontamente intervenne e suggerì la traduzione di “Entregar”, ovvero consegnare. E da allora, grazie alla sua conoscenza delle lingue e forse ancor di più per la sua curiosità a portare avanti i suoi sogni. E proprio il 9 Maggio 2016, festa dell’Europa alla professoressa Sofia Corradi sarà consegnato (se entregarà) il Premio Europeo Carlo V al Monastero di Yuste.

* La foto, scattata dall’autrice dell’intervista, Maria Pia Di Nonno (ricercatrice), ritrae l’ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris e la professoressa Sofia Corradi durante la conferenza del 26 gennaio 2016 dal titolo “Sofia Corradi: un sogno europeo divenuto realtà”, organizzata all’Istituto Luigi Sturzo dagli Young Leaders e proposta dalla stessa.

Testo inviato da Maria Pia Di Nonno, ricercatrice, già pubblicato il 21 aprile 2016 su http://www.cercasiunfine.it/. Il libro di Maria Pia Di Nonno “Per i giovani europei. Intervista a Mamma Erasmus” sarà presentato al Salone del Libro di Torino

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Non ci resta tanto tempo. Il sogno non diventa realtà da solo: bisogna corrergli dietro. (Carlito’s Way)

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