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Giornalismo, addio al maestro Piero Ottone

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
16 Aprile 2017
Cultura //

Non sono gli errori a fare scandalo. Quel che preoccupa è la convinzione, sempre più diffusa, che le buone maniere siano un’anticaglia, e che non valga la pena di impararle“. (da Il Venerdì di Repubblica; citato in Selezione dal Reader’s Digest, ottobre 1997).

Addio Piero Ottone, pseudonimo di Pier Leone Mignanego, maestro del giornalismo e scrittore italiano. Ottone – nato a Genova il 3 agosto 1924 – è deceduto stamani, nel giorno di Pasqua, a Camogli.

(fonte wikipedia) E’ stato corrispondente del Corriere della Sera, e poi redattore capo. “Dal 1968 è direttore responsabile del Secolo XIX di Genova; nel 1972 viene richiamato a Milano per condurre il nuovo corso del Corriere della Sera. È Ottone a licenziare nell’ottobre 1973, d’accordo con la proprietà, Indro Montanelli, dopo lunghi mesi di dissidi e spaccature. La mossa porterà alla secessione di molte firme prestigiose del Corriere, che usciranno dal quotidiano per fondare il Giornale Nuovo”.

“Il 2 giugno 1977, Montanelli viene gambizzato da due terroristi delle Brigate Rosse: il giorno dopo, il Corriere della Sera diretto da Ottone omette di citare il suo nome nel titolo in prima pagina (l’unico altro giornale italiano a farlo è La Stampa diretta da Arrigo Levi). Dopo la cessione del Corriere alla Rizzoli, Ottone viene riconfermato dal nuovo editore, ma nel 1977 rassegna volontariamente le dimissioni. Passa alla Mondadori assumendo l’incarico di consulente per i periodici e la televisione. Negli ultimi anni della sua vita ha scritto sporadicamente editoriali sul quotidiano romano la Repubblica e ha tenuto una rubrica fissa, Vizi & Virtù, sul settimanale Il Venerdì di Repubblica”.

Il decalogo del giornalista
Scrivi sempre la verità, tutta la verità, solo la verità.
Cita le fonti. Se la tua fonte vuole restare anonima, diffida.
Verifica quel che ti dicono. Se non puoi verificare, prendi le distanze.
Non diffamare il prossimo, ed evita le frasi del tipo: “Sembra che il tale abbia ru­bato…”, “Si dice che il tal altro abbia ammazzato…”.
Non obbligare il lettore a leggere una colonna di roba prima che cominci a capire che cosa è successo.
Non fare lunghe citazioni fra virgolette all’inizio di un “pezzo” senza rivelare su­bito chi sia il loro autore (il metodo non crea suspense, come forse crede il giornalista: dà solo fastidio).
Non mettere mai fra virgolette, nei titoli, frasi diverse da quelle che sono state pro­nunciate.
Evita le iperboli e le metafore di Pierino, come “bufera” (“il partito è nella bufera”), “giallo” (“il giallo di Ustica”), “rissa” (ed è subito rissa fra “x e y”), “ful­mine a ciel sereno”, “scoppiato come una bomba”.
Prima di scrivere nel titolo che “Londra è nel panico”, va’ a Londra e controlla se otto milioni di persone sono davvero uscite di testa.
Non dire mai: “L’obiettività non esiste”. È l’alibi di chi vuole raccontare palle. (citato in Stefano Malatesta, La giornaleide, la Repubblica, 25 settembre 1996)

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