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Richard Jewell: l’ultimo gioiello a firma di Clint Eastwood approda a Foggia

AUTORE:
Maria Teresa Perrino
PUBBLICATO IL:
21 Gennaio 2020
Cinema // Foggia //

Avvocato: Richard, non essere così gentile quando ti interrogano

Richard: Ma, signore, loro rappresentano il Governo degli Stati Uniti d’America

Avvocato: No, Richard, comincia a pensare che sono solo tre stronzi che lavorano per il Governo 

Watson Bryant (Sam Rockwell): Smettila di essere il loro migliore amico
Richard Jewell (Paul Walter Hauser): Mi è stato insegnato a rispettare le autorità
Watson Bryant: Le autorità vogliono farti a pezzi …
Ancora Watson Bryant: Lo accusano due delle forze più potenti del mondo: il governo degli Stati Uniti e i media!

La sequenza-dialogo descrive bene di cosa tratta l’ultimo film targato Clint Eastwood. Si parla di un caso vero, avvenuto durante le Olimpiadi del 1996, ad Atlanta. La guardia giurata Richard Jewell scopre uno zaino contenente una bomba pronta ad esplodere al Centellian Park. Il suo tempestivo intervento scongiura una strage, ma per lui si apre un periodo doloroso di sospetti e di indagini condotte in modo opprimente e scorretto. Ancora una volta il regista Clint Eastwood ci regala un protagonista fondamentalmente buono e soprattutto premuroso vero il mondo intero, che presto, però, dalla dimensione di eroe passa nell’inferno della vita da sospettato. Un tema non nuovo per il grande regista, se si pensa a Sully, il bravo ed esperto pilota di aerei che con una manovra di atterraggio, ritenuta praticamente impossibile, salva le vite umane ma a stento riesce a salvare se stesso da una montagna di accuse. Il cinema di Eastwood parla sempre dello stesso argomento: il Bene; l’Eroismo praticato da persone assolutamente normali; il primo momento di appagante soddisfazione; l’attacco sferrato all’Eroe. Ma questa trama, in sé alquanto ripetitiva se esaminata nel suo schema essenziale, si avvale di storie affascinanti che la rendono sempre spettacolare e ogni volta diversa.

Una gara impari

Il tema dell’innocente diventato poi vittima non si affaccia certo ora alla nostra attenzione. Da sempre il mondo si accanisce contro le persone rispettose della legge. E bisogna anche precisare: non solo rispettose e basta. Se si guarda attentamente, abbiamo a che fare con il triste rituale della persecuzione proprio nei confronti di coloro che hanno saputo introiettare nella loro coscienza il senso vero della legge, al punto da apparire quasi degli ingenui di fronte ai loro accusatori, che invece strattonano dalla parte del loro comodo non solo la legge ma anche ogni forma di etica, con un cinismo che fa paura. Non è sempre facile per l’eroe vincere una gara impari per forze in campo e, soprattutto, condotta contro le maggiori autorità del proprio Paese. Non è riuscito a Socrate di salvarsi, l’unico uomo giusto in un momento in cui il suo Stato, Atene, nel delirio collettivo di una società che ha perso non solo una guerra ma anche la razionalità, attribuisce non a se stessa, come sarebbe stato giusto, la colpa della propria rovina ma ad un innocente. Non è andata meglio a Gesù di Nazareth, i cui principali accusatori sono gli esponenti di un potere anche religioso.

Fiducia totale nelle leggi

Va un po’meglio agli eroi di Eastwood. Ma tutti questi grandi e piccoli personaggi della storia umana sono uniti da un unico filo rosso: la fiducia totale nelle leggi; il rispetto ingenuo ma non sciocco nei confronti dell’Autorità; la forza di lottare nella consapevolezza della loro totale innocenza; la mitezza con cui controbattono alle accuse infondate dei loro arroganti persecutori. Solo chi rispetta veramente la Legge e la Morale (sulla quale, almeno a parole, le società umane si sono costituite) può affrontare una lotta impari di questo tipo, la cui conclusione non è mai scontata. Va tuttavia anche precisato che, sebbene molti di questi eroi innocenti abbiano pagato e continuino a pagare  con la vita il loro totale rispetto della legge, la loro vittoria almeno sul piano etico è cristallina e duratura. E bene ha fatto il regista a ricordare un episodio recente che ha visto per protagonista una persona a rischio di dimenticanza. Non lo hanno dimenticato alcuni scrittori che hanno scelto di riscrivere la sua storia; lo ha consegnato ad una memoria decisamente meno labile un film potente come questo.

Il protagonista mite e determinato

Asciutto, essenziale, secondo lo stile della filmografia di Eastwood,  ma che nelle due ore di proiezione, in un segmento di tempo molto breve come sono i film e le opere teatrali, deve essere capace di disegnare in profondità tanti, troppi personaggi. E se la Giornalista è grossolanamente dipinta come una donna che deve mostrare di avere il testosterone in un mondo prevalentemente maschile, per cui a farne le spese è anche un eloquio sguaiato e molto convenzionale; se il capo FBI ha l’aspetto di una persona che addenta la vittima con i denti del mastino ma con poco cervello – e questo sicuramente ha infastidito quella parte di spettatori che non amano vedere una  rappresentazione non proprio limpida dello Stato -, il protagonista è invece dipinto con una profondità magnifica, nella sua mitezza certamente ma soprattutto nella determinazione con cui affronta il mostro che gli si erge contro, e questo perché ha saputo ascoltare e capire e dunque applicare tutti gli insegnamenti che in tema di sicurezza e di sicurezza pubblica in particolare ha imparato nel corso degli anni. Uno sbirro (“da sbirro a sbirro”, ripete spesso ai suoi persecutori) che non può allontanarsi di un passo, anche il più piccolo, da quei principi perfettamente assimilati.

Terapia per tutto l’ingiusto

Notevole  è anche la presentazione della figura della Madre, affidata alla immensa bravura di Kathy Bates, proposta per l’Oscar nel ruolo di attrice non protagonista: tutte le sue battute sono perfette nella misura, né una di più né una di meno del necessario, per fissare agli occhi degli spettatori l’amore di una madre che non perde mai la fiducia nel proprio figlio. Ma chi avrebbe meritato la candidatura all’Oscar come migliore attore è l’interprete del personaggio Richard, l’attore Paul Walter Hauser: sguardo azzurro e trasparente, impacciato quanto basta nei movimenti, risoluto quanto basta, in grado di descrivere la delicatezza di un animo, quello del vero Richard, grato nei confronti delle persone che non lo insultano, come fanno tutti,  a causa della sua ingenuità o per la sua obesità. E’, evidentemente, un bellissimo film. Che ci fa da terapia per tutto l’ingiusto che sta accadendo di questi tempi a Foggia, la nostra città. Dove il bene, che è tanto, e che è spesso silenzioso, è messo a dura prova dalle esplosioni, purtroppo reali anche qui, di quel male che solitamente fa sempre più rumore. Un film catartico, che rende ancora giustizia alla intelligenza di quel grande vecchio regista che è Clint Eastwood, il quale, da par suo, dimostra un’altra grande verità cui siamo poco abituati nella modernità della efficienza e della giovinezza a tutti i costi: che la vecchiaia è solo una parte della vita di una persona; che essa  racchiude egregiamente tutte le altre fasi precedenti  e soprattutto le esalta nella loro qualità quando l’età aggiunge anche un pizzico di saggezza in più ad una intelligenza già straordinaria di suo. Gran bel film. Si torna a respirare aria di buono.

 

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Non ci resta tanto tempo. Il sogno non diventa realtà da solo: bisogna corrergli dietro. (Carlito’s Way)

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