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Diseguaglianza bancari-banchieri: da 3,7 mln a 46 mila euro l’anno

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
25 Gennaio 2015
Manfredonia //

Roma, 24 gennaio – La crescita della diseguaglianze, la forbice dei redditi che si allarga progressivamente, è un fattore di ingiustizia anche nel settore del credito. Un top manager ha guadagnato infatti mediamente 3,7 milioni di euro lo scorso anno, a fronte di un salario medio contrattuale di un bancario pari a circa 38 mila euro (46 mila euro il salario medio di fatto). Una distanza “colmabile in 100 anni”, risultato di un andamento che, negli ultimi 15 anni, ha portato nelle tasche dei banchieri mediamente una cifra pari a 600 mila euro in più mentre i bancari hanno perso nello stesso periodo circa 800 euro. È quanto risulta da un report della Fisac Cgil, la categoria dei lavoratori del credito dell’organizzazione di corso d’Italia, in previsione dello sciopero generale del settore in programma venerdì 30 gennaio.

Una protesta promossa dietro le parole ‘#sonobancario al servizio del paese’ – con quattro grandi manifestazioni: a Milano, Ravenna, Roma e Palermo – “a sostegno del diritto del rinnovo al contratto nazionale di lavoro” e “contro la decisione unilaterale di Abi di dare disdetta e successiva disapplicazione dei contratti collettivi di lavoro dal primo aprile di quest’anno”.

Motivazioni che sono il frutto di una considerazione: “Un settore senza contratto è come un paese senza Costituzione”, afferma il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale, che punta l’indice contro l’Abi e “la scelta scellerata e miope di disdettare e disapplicare il contratto nazionale”. Per il leader sindacale, infatti, “l’Abi, invece di scatenare e alimentare il conflitto interno al settore tra le parti sociali, dovrebbe impegnarsi per superare le attuali penalizzazioni che colpiscono le banche italiane a livello europeo”. Inoltre, per un settore che vanta 309 mila addetti, dopo un’emorragia di 40 mila lavoratori in meno dal 2000 a oggi, “il non avere un contratto nazionale vorrebbe dire aprire il far west contrattuale: si darebbe cioè vita al ‘fai da te’ a livello aziendale, penalizzando i più deboli”.

I sindacati, ricorda Megale, hanno anche presentato, parallelamente alla piattaforma per il rinnovo, un documento “per un modello di banca al servizio dell’occupazione e del paese” che si caratterizza lungo tre
assi: bancari al servizio del paese; occupati da riqualificare e formazione di addetti specializzati; nuove assunzioni possibili di giovani, pari a 10 mila in tre anni. Proposte in linea con l’obiettivo della difesa dell’occupazione e dell’area contrattuale ma, denuncia Megale, “nelle intenzioni di Abi c’è un progetto di ridurre di altri 60 mila gli occupati del settore, portando il totale a soli 240 mila addetti”. Il tutto a fronte di una crescita della diseguaglianze. Dal report della Fisac, infatti, si riporta come “un banchiere guadagna mediamente 3,7 milioni di euro l’anno, quanto 150 giovani apprendisti”.
Non solo, “mentre i banchieri negli ultimi 15 anni hanno incrementato i loro compensi mediamente di 600 mila euro, passando da 3,1 milioni a 3,7 milioni di euro, i bancari hanno perso, nello stesso periodo, circa 810 euro di salario contrattuale, passando da 39.566 a 38.789 euro”.

Dai dati, per semplificare, emerge quindi che “per un bancario ci vogliono circa 100 anni per guadagnare quanto un top manager” e che “dal 2000 a oggi i banchieri hanno incassato 1.650 euro in più al giorno mentre per i bancari il salario è fermo a 15 anni fa”. Per ricapitolare, quindi, e raffrontare, all’anno un banchiere guadagna 3,7 milioni di euro mentre un bancario 38 mila da contratto; al mese 238 mila euro il primo e 3.500 euro il secondo; al giorno 10.100 l’uno e 126 euro l’altro; infine, all’ora, il banchiere porta a casa 1.200 euro mentre il bancario 17 euro. Da qui le proposte della Fisac per limare le diseguaglianze in essere, partendo dai costi da tagliare, ovvero un miliardo di euro in consulenze che si annidano nei primi sei gruppi bancari; la riduzione del numero dei consigli di amministrazione, come da indicazione di Banca d’Italia, per investire sull’assunzione di nuovi giovani; la riduzione dei compensi percepiti dal Top Management. Su quest’ultimo punto non si può tollerare che un manager pubblico guadagni 240 mila euro, il presidente della Banca d’Italia 460 mila, e quello della Bce 600 mila, mentre, come emerge dallo studio della Fisac, i banchieri si assestino mediamente sui 3,7 milioni di euro.

Redazione Stato@riproduzioneriservata

1 commenti su "Diseguaglianza bancari-banchieri: da 3,7 mln a 46 mila euro l’anno"

  1. Considerando cio’ che e’ accaduto al Monte dei Paschi di Siena, c’è da dirsi che i Top Manager sono proprio in gamba. In Italia i manager sono degli yes man al soldo di politici e sistema. Quello non e’ il compenso per il valore ma per il silenzio, ed eseguire come automi al bisogno del potente di turno, senza discutere, senza fare domande………..e non solo nel sistema bancario.

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