STATOQUOTIDIANO.IT, Roma 21 luglio 2021. “(..) il decreto impugnato va annullato con rinvio alla Corte di appello di Bari per un nuovo giudizio alla stregua dei parametri normativi ed ermeneutici sopra indicati (..)”.
Con sentenza di recente pubblicazione, la Corte di Cassazione di Roma ha accolto il ricorso proposto dalla Società cooperativa a r.l. “Gli Angeli”, in persona del suo legale rappresentante Vivoli Libero, nato a Monte Sant’Angelo il 15/06/1961, contro il decreto del 03/12/2020 emesso dalla Corte di appello di Bari, sezione misure di prevenzione, che aveva confermato il decreto di rigetto emesso dal Tribunale di Bari l’8 ottobre 2020 dell’istanza avanzata (c.d. Codice Antimafia), dalla citata cooperativa per
l’applicazione nei suoi confronti della misura del controllo giudiziario a seguito
dell’interdittiva antimafia emessa a suo carico ed oggetto di impugnazione davanti
al giudice amministrativo.
Con il proprio ricorso, la ricorrente ha impugnato il decreto di rigetto della istanza di sottoposizione della società “Gli Angeli coop. a r.l.”. alla misura di prevenzione del controllo giudiziario, regolata dall’art. 34-bis del citato Codice antimafia, deducendo i motivi di seguito indicati.
IL RICORSO. Con il primo motivo, il legale della coop. “Gli Angeli” ha dedotto la violazione di legge sotto il profilo della illogicità della interpretazione della normativa di riferimento seguita dalla Corte di appello, che dopo avere escluso la sussistenza di elementi sintomatici della contaminazione mafiosa della cooperativa, perché basata su dati inconferenti privi di valore dimostrativo del pericolo di infiltrazione e/o di condizionamento delle scelte imprenditoriali, ha ritenuto che in assenza del presupposto dell’agevolazione
occasionale mafiosa mancherebbe anche la base su cui formulare il giudizio
prognostico in ordine alla capacità dell’impresa di svolgere una adeguata ed idonea
azione di bonifica.
“La irragionevolezza di tale interpretazione normativa conduce al paradosso che la richiesta di controllo giudiziario viene ad essere negata non perché la società non sia considerata idonea ad affrancarsi da rischio di ingerenze mafiose nell’amministrazione, ma per l’assenza già in radice di un tale rischio”.
“In tal modo la decisione della Corte di appello ha di fatto travalicato i limiti della propria giurisdizione, non essendo di sua spettanza la verifica del pericolo di infiltrazione mafiosa, già implicito nell’interdittiva antimafia disposta dal Prefetto ed impugnata davanti al giudice amministrativo”, si legge nell’atto.
Per la Corte di Cassazione di Roma “Il ricorso è fondato”. (SENTENZA INTEGRALE SENTENZA INTEGRALE_20210716)
“Insieme al prof. Marco Galli (che si occupa del procedimento amministrativo) stiamo lottando da anni per ottenere giustizia per questa società. Questo caso (come dimostra la Cassazione, che ha recepito integralmente l’impostazione difensiva) è emblematico della intrinseca incoerenza della normativa, che colpisce spesso solo per motivi genealogici’, dice a StatoQuotidiano.it l’avvocato Michele Vaira del foro di Foggia.