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Perché siamo razzisti

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
29 Luglio 2013
Editoriali //

(www.melty@)
TRENTUNO persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia. Morti annegati davanti alle coste della Libia. Tra loro nove donne. Provenivano per lo più dalla Nigeria, un paese nel quale la nostra Eni occupa 40.625 chilometri quadrati con i suoi pozzi petroliferi che stanno devastando il delta del Niger, costringendo alla fame pescatori e contadini. Leggo su Facebook i commenti alla notizia data da la Repubblica: “affondassero tutti sti gommoni………….zozzi schifosi, sostegno agli abitanti di lampedusa, che quotidianamente devono sopportare questo schifo………..” (riporto pari pari, chilometrici punti sospensivi compresi); “Tra poco li andremo a prendere nel loro paese per farci invadere!!“; “31 voti in meno per il pdmenoelle“.

Non mancano i commenti tutt’altro che razzistici, ma bisogna considerare che la Repubblica non è Il Giornale né La Padania. Si prenda una qualsiasi notizia che riguarda gli immigrati e si leggano i commenti: non mancheranno mai, qualunque sia il sito Internet, espressioni gravissime di razzismo, che diventeranno numericamente prevalenti nei siti di destra.

Cosa sta accadendo nel nostro paese? Perché si giunge a chiamare “rozzi schifosi” delle persone morte in modo terribile, ed a rallegrarsi della loro morte? Perché un vicepresidente del Senato giunge ad insultare pubblicamente un ministro, solo perché di pelle nera? Perché siamo diventati così spaventosamente razzisti? Perché l’Italia non è, come scriveva qualche giorno fa John Foot su The Guardian, un paese non razzista in cui però il razzismo è tollerato.

Se una persona come Calderoli giunge a diventare vicepresidente del Senato, se una forza politica razzista come la Lega Nord va al governo, vuol dire che il razzismo non è solo tollerato, ma serve a fare carriera politica. Le prove non mancano. Si pensi, ad esempio, all’isterismo collettivo seguito, nel 2007, all’omicidio di Giovanna Reggiani. Si scatenò allora una vera caccia al rom ed al romeno, alimentata dai giornali e dalle forze politiche di destra; ma è bene ricordare che lo stesso Walter Veltroni, leader dell’appena nato Partito Democratico, si affrettò ad attaccare la Romania ed a chiedere iniziative straordinarie sul piano della sicurezza, proprio come un qualsiasi leader di una forza xenofoba. Si era, del resto, in campagna elettorale.

Perché, dunque, siamo razzisti?

Per una serie di ragioni. La prima è che, semplicemente, siamo ignoranti. Spaventosamente ignoranti. Secondo il linguista Tullio De Mauro più della metà degli italiani hanno difficoltà a comprendere un testo scritto. Non proprio analfabeti, ma quasi. Ora, chi non è in grado di comprendere un testo scritto non ha gli strumenti per uscire dai propri pregiudizi e cogliere la complessità dei fenomeni. E’ condannato ad affrontare il mondo con poche categorie concettuali, con idee semplici semplici, mai sottoposte a critica. Pregiudizi, appunto.

La seconda ragione va ricercata nel fatto che questa spaventosa ignoranza non viene combattuta, ma al contrario strumentalizzata dalla classe politica. Il nostro paese spende ogni anno 26 miliardi di euro per il suo apparato militare, mentre è penultima nell’area Ocse per le spese per l’istruzione”.

Alla classe politica italiana fa comodo l’ignoranza diffusa. Rende le cose estremamente più semplici. Una volta c’erano le ideologie, e la politica si giocava sul piano delle visioni del mondo. Oggi che le ideologie sono tramontate, la politica è questione di slogan, di piccole promesse, di minuti interessi. Una volta si prometteva una società più giusta, oggi l’abolizione di una tassa. In questo contesto, la xenofobia funziona a meraviglia per ottenere consenso.

La terza ragione è nel nostro passato recente. L’Italia è stata fascista solo qualche decennio fa. Solo qualche decennio fa il nostro paese ha visto le leggi razziali ed il colonialismo. Solo qualche decennio fa, il nostro paese ha contribuito allo sterminio di sei milioni di ebrei. Solo qualche decennio fa, il nostro paese è andato in Africa a portare la civiltà: devastando, massacrando, bruciando vivi esseri umani con i lanciafiamme, consumandoli con armi chimiche.

Tutto ciò è stato rimosso. Il mito degli “italiani brava gente” dev’essere mantenuto a costo di ogni menzogna, di ogni omissione. Il fascismo è stato solo una parentesi infelice, che non ha segnato realmente l’identità italiana. Le cose non stanno così. Il fascismo è stato davvero, in realtà, “l’autobiografia della nazione” di cui parlava Piero Gobetti. O meglio: l’autobiografia di una parte consistente della nazione, ma non di tutta. C’era un’altra Italia, nobilissima. L’Italia, per restare sul piano intellettuale, dello stesso Gobetti, dei fratelli Rosselli, dei Capitini, dei Calogero, e così via. Sul piano popolare, sarà l’Italia partigiana.

Quello che è accaduto negli ultimi decenni è che quest’altra Italia è diventata sempre più evanescente, e ciò principalmente a causa della crisi delle ideologie. L’operaio un tempo trovava nel comunismo una visione del mondo che gli consentiva di andare oltre i suoi immediati interessi, pur legittimi, e di aprirsi al mondo. Oggi non c’è più alcun ideale a riscattarlo dalla sua condizione: ed accade sempre più spesso che il pregiudizio prenda il posto dell’ideale.

Siamo stati fascisti, insomma, e per molti versi lo siamo ancora. Il fascismo non è una malattia transitoria, ma un tratto di fondo della nostra identità. Non è difficile scorgere dietro chi chiama “zozzi schifosi” dei disperati annegati in mare il volto truce del fascismo.

La quarta ragione va ricercata nei mass-media, che svolgono una funzione fondamentale in quella semplificazione del mondo che ha preso il posto delle ideologie. La natura stessa del mezzo televisivo non consente il pensiero complesso: è per questo (e non solo perché non sappiamo che farcene) che i filosofi da qualche decennio non compaiono più in televisione (a meno che non facciano i politici). In televisione bisogna esprimere il proprio pensiero in pochi minuti: ed in genere si è interrotti prima di aver finito.

Tutto resta – deve restare – alla superficie. Negli ultimi anni i mezzi di informazione di massa, e principalmente la televisione, hanno contribuito ad alimentare il razzismo dando costantemente una visione distorta dei fenomeni, riservando una attenzione morbosa a casi di cronaca aventi come protagonisti gli stranieri e passando sotto silenzio quelli nei quali, al contrario, gli stranieri sono vittime. Si crea così una visione distorta dei fenomeni, alimentata anche dai social network (nei quali c’è almeno la possibilità di imbattersi in qualcuno che la pensi diversamente).

La quinta ragione è nella crisi economica. E’ un fenomeno ben noto alle scienze sociali: nei momenti di crisi economica, si diffondono posizioni di violenza verso chi è diverso. Il meccanismo è semplice: se le cose vanno male, la colpa deve essere di qualcuno. Di chi? Per rispondere in modo serio a questa domanda bisognerebbe capire a fondo la realtà economica attuale, quel sistema terribilmente complesso che Gallino chiama finanzcapitalismo: ma è una cosa difficile. Più facile è trovare un capro espiatorio. E dunque: siamo in crisi perché ci sono troppi extracomunitari, perché li manteniamo (affermazione ripetuta con la massima convinzione contro ogni evidenza: gli stranieri producono il 12% del Prodotto Interno Lordo), perché ci rubano il lavoro, e così via.

Da uomo di scuola, non posso fare a meno di interrogarmi anche sulle responsabilità del sistema scolastico. Integrazione e lotta al razzismo sono tra le parole chiave della politica scolastica degli ultimi anni, ma sono buone intenzioni che si scontrano con un deficit strutturale della nostra scuola, e che riguarda la natura della cultura che vi si trasmette (e il fatto che la si trasmetta, semplicemente, è un altro dei problemi della scuola italiana). Nella scuola in cui insegno si è diffusa la notizia che sono buddhista. Mi è capitato più volte, durante una supplenza in qualche classe non mia, di sentirmi fare domande sulla mia religione. Domande del tipo: “Ma voi buddhisti siete quelli che pregano facendo così?” (minando la genuflessione dei musulmani). Nessuno ha messo in grado questi studenti di conoscere il buddhismo e l’islam, che solo due tra le maggiori religioni mondiali.

La scuola italiana intende combattere il razzismo con le migliori intenzioni, ma non comprende che per farlo occorre in primo luogo conoscere le culture diverse dalla nostra. Offrendo un programma culturale interamente italocentrico ed eurocentrico, si trasmette il messaggio latente che nulla di significativo è stato fatto, scritto, pensato al di fuori del continente europeo. Che noi, in fondo, siamo i migliori, e nulla abbiamo da apprendere dagli altri.

(A cura di Antonio Vigilante, saggista)

12 commenti su "Perché siamo razzisti"

  1. Complimenti vivissimi per il testo, con una nota sui commenti; l’ignoranza ‘razzista’ sui social è dilagante come quella sociale.

    Alla figlia di un guardalinee – “reo” di aver annullato un goal in una partita di calcio – fu augurato su Facebook una morte precoce, mali incurabili oltre ad abominevoli inviti allo stupro; leggendoli sono rimasto senza parole.

    Il discorso è molto più ampio, ma il livello di tale inciviltà non ha cause o spinte motivazionali ma solo origine nell’ignoranza, nella cattiveria, nella frustrazione personale, nella malvagità che pervade ahinoi parte degli esseri umani; in molti casi ci si materializza come razzisti mentre in realtà si tratta di squallida stupidità.

    ciao Antonio,

    G.de Filippo – g.defilippo@statoquotidiano.it

  2. “Chapeau!”

    O meglio all’italiana: “Tanto di cappello!”.

    Approvo e sottoscrivo ogni tua parola, ogni tua frase ed anche l’impostazione del tuo ragionamento analitico, che potrebbe anche essere ulteriormente approfondito.

    Ora, se non chiedo tanto, mi aspetterei dei rimedi, delle proposte, delle soluzioni dalle istituzioni, magari sollecitate!

    Per esempio, a livello locale, se quest’articolo fosse stato letto, si potrebbe organizzare un convegno cittadino con l’Assessore Cascavilla e l’assessore Varrecchia e dagli editori dei mass-media locali e gli intellettuali (professori, studenti universitari, universitari in attesa, ricercatori, sociologli, psicologici, sportivi, giornalisti, volontari, presidenti di associazioni culturali, ecc.)

    Se tutte le figure coinvolte condividessero anche loro quest’analisi, la soluzione non dovrebbe essere lontana per Manfredonia almeno sul piano sociale, non solo sul razzismo, ma anche e soprattutto su una maggiore analfebetizzazione della popolazione ed il senso civico per un cittadino: dei suoi diritti e dei suoi doveri.

    Il benessere diffuso parte da qui e non mi riferisco solo a quello economico.

  3. Tutte le motivazioni che lei adduce sono cruciali; in particolare la prima, la seconda e la quarta sono sconcertanti quanto autenticamente reali.
    Traducendo nei fatti abbiamo un vicepresidente della camera palesemente razzista che rappresenta, con la sua alta carica istituzionale il paese (agli occhi del mondo oltre che ai nostri)e le cui esternazioni sono state dai più derubricate come ” battutacce”. Battutacce??..Ma quest’uomo che rappresenta anche me, come si permette di rappresentare me e noi tutti si badi bene, non la ministra, come una scimmia non pensante e con tutto il rispetto per le scimmie che invece sono animali intelligenti?
    Il rilancio continuo alla provocazione e il tiro al bersaglio reiterato contro la ministra e contro tutto ciò che rappresenta è velenoso, oltre che inutile e imbarbarente per tutti quanti e questo va ben al di là della ministra stessa.
    Il razzismo è una malattia dell’animo, oltre che figlio primogenito dell’ignoranza e del pregiudizio miope che non vede al di là primo metro davanti a sé che reputa assolutamente esaustivo e conclusivo. L’essere civili è tutt’altro. E questo ai razzisti brucia, brucia molto.
    Gli immigrati contribuiscono al Pil nazionale in maniera importante.Le Università sfornano giovani di seconda generazione, preparati e brillanti. Le donne immigrate hanno un ruolo non indifferente nei processi di integrazione e nella società.
    Sogno una destra e una sinistra che s’impegnino a far progredire culturalmente questo paese, pur partendo da visioni e proposte differenti, perché il pre-giudizio di massa è indecente quanto l’istigazione al pensiero semplice tranciante, piuttosto che al pensiero complesso e critico.
    Siamo già un paese multietnico che ci piaccia o no, come del resto gli altri paesi europei. Possiamo continuare a combattere contro i mulini a vento combattendo la causa della razza purissima (razza purissima.. noi?) oppure farci i conti, in qualche modo.
    Il razzismo non è un peccato veniale, come vogliono farci credere, ma un peccato grave. Le banane non sono lanciate contro la ministra ma contro l’intelligenza e il buonsenso di ciascuno. Per questo m’indigno.
    Sogno che domani non ci sia più bisogno di un ministero per l’integrazione.
    Sogno che la scuola faccia la propria parte, ma senza la collaborazione delle famiglie e della società civile in senso concentrico e più ampio potrà ben poco.

  4. Uno di voi: Posso testimoniare la sensibilità dell’assessore Cascavilla sul tema del razzismo. Anni fa gli proposi di organizzare un convegno sui Rom. Accettò subito. E per questo fu coperto di critiche ed insulti sul forum di una testata locale (insieme al sottoscritto).

  5. Io mi riferivo più in generale, prendendo spunto dal tuo ottimo articolo, per alfabetizzare i cittadini fuori dalla scuola, utilizzando le strutture che Manfredonia ha, come il LUC e coinvolgendo quel pezzo di società di cui io sento la mancanza sia a livello locale che nazionale: GLI INTELLETTUALI.

    Dopo la caduta degli ideali, l’intellettuale deve porsi a servizio della società in maniera più attiva: spiegando e professando il suo sapere per istruire gli analfabeti, acculturare i curiosi, spiegare cosa è il vivere civile ed il senso civico a quante più persone possibili in maniera concreta e pratica, in maniera tale da creare degli anticorpi ai virus e batteri che circolano in giro di ‘sti tempi malsani.

    Ho nominato Cascavilla non a caso, essendo stato professore del Liceo che ho frequentato, lo conosco come tale e non avrebbe alcun problema, insieme a tanti altri, a “professare” il suo sapere.

    Credo che questa sia l’unica strada per migliorarci tutti.

    Insieme.

  6. Sì, è una cosa di cui possiamo e dobbiamo parlare. Tra l’altro, ultimamente sto studiando il “service learning”, che è una realtà in paesi come Canada, USa ed Argentina, ma è sconosciuto da noi. Consiste semplicemente nell’impegnare gli studenti in attività di servizio in favore della comunità. Stavo pensando di parlarne proprio con l’assessore Cascavilla. La lotta al razzismo potrebbe essere uno dei campi in cui gli studenti potrebbero impegnarsi in attività di servizio al di fuori della scuola.

  7. Io non credo che ci sia bisogno di denigrare gli Italiani per proteggere gli stranieri. Io non sono razzista, anzi promuovo l’integrazione. Vivo da 33 anni in paesi cosidetti del terzo mondo, o, adesso, in via di sviluppo, Asia e Africa. Non e’ neanche facile per un Italiano vivere all’estero. Per me, i segni di razzismo in Italia manifestano la paura di essere sopraffatti dagli stranieri. La denatalita’ e’ la prima ragione, la seconda e’ la crisi economica, conseguenza della denatalita’, la terza che sta alla base delle altre due e’ la decadenza dei valori morali in favore dell’edonismo. Quello che avviene in Italia ora non e’ una integrazione, ma e’ percepito come una invasione. D’altra parte,che educazione possiamo dare agli stranieri quando non abbiamo una identita’? Sembra poi che da parte dello Stato si pratichi piu’ una forma di paternalismo permissivo che di vera educazione all’integrazione sociale che abbraccia diritti e doveri.

  8. Non è vero che non abbiamo un’identità. Abbiamo radici storiche, culturali, religiose di tutto rispetto. Siamo stati la culla dell’occidente, assieme alla Grecia. Probabilmente abbiamo paura di non avere più un’identità anche (ma di certo non solo) in virtù della presenza degli immigrati. Ma non è così. Di cosa avere paura? Non perdiamo nemmeno un pezzo minimo di noi stessi, ma ne aggiungiamo di nuovi conoscendoci confrontandoci e anche scontrandoci, perché il percorso d’integrazione è difficile e complesso per tutti, in questo come in altri paesi, compresi quelli in cui siamo, o siamo stati noi, “a non essere del castello”.
    Lì dove abbiamo imparato sulla nostra pelle come sia difficile essere i diversi, quelli che non sono del castello appunto..
    Ma se lo abbiamo provato sulla nostra pelle, allora possiamo capire meglio cosa voglia dire per gli altri. Diritti e doveri sono per tutti. Ma gli stereotipi distorcenti la fanno ancora da padrone, per gli occidentali come anche nelle altre culture verso gli occidentali stessi. Ciascuno ha più paura di ciò che conosce male e in forma distorta. E questo vale davvero per tutti e su questo terreno la xenofobia impera da sempre, e ovunque.

  9. Che brutta cosa la “lingua”. Eppure essa ci delizia nel gustare le fragranti pietanze che le esperti mani delle massaie e non, preparano.
    Mia nonna diceva spesso: “la lingua non ha osso ma spacca l’osso”.
    …ho letto l’articolo e i vari commenti/articolo e ho provato un senso di profondo disagio.
    Pur rinnegando la diatriba spicciola e fine a se stessa, mi vedo, quasi costretto a replicare, perché non sono disposto a incassare un’accusa così pesante stando in silenzio.
    Non so quali contenuti della società civile Italiana allarmino al punto da far gridare “è razzismo”, ma sono certo che ogni contenuto detto o scritto debba essere frutto di analisi, studio, esperienza personale, prima di essere bollato come razzista. Non uso le parole a caso. E tutto quello che scrivo a riguardo non contiene traccia né di odio né di mancanza di rispetto.
    Ho una posizione netta sull’argomento, una posizione di denuncia delle violazioni dei diritti umani qualunque sia il colore della pelle o il credo religioso/politico. Ho visto gente, Italiana, ridotta alla miseria per un sistema che troppo spesso vede la pagliuzza nell’occhio altrui, e non la trave nel proprio. Ho visto gente, troppo, troppo spesso, suicidarsi per non subire l’onta dell’umiliazione del fallimento economico ed umano. Ho visto… ed ho raccontato. Ma non ho mai, mai, mai, scritto o detto qualcosa contro o a favore di un’etnia rispetto a un’altra basandomi su criteri razziali e come me così tutta la società Italiana, perchè l’Italiano per identità non’è razzista. Se questa consapevolezza e la mia incapacità di tacere sono razziste, abbiamo un’idea diversa sul significato della parola “razzismo”.

    La vita è questione di punti di vista. C’è il benpensante e il malpensante.
    DECIDETE VOI CHI ESSERE!

  10. …dimenticavo, buon lavoro, sperando che il progetto dei benpensanti o malpensanti di costruire un mondo dove tutti la pensano nello stesso modo non abbia mai successo,
    Il Sipontino.

  11. Non e’ questione di razza ma di cultura, primo. Secondo, gli odierni flussi migratori sono forzati perche e’ in atto un piano di mescolamento e imbarbarimento per far cancellare in ognuno, l identita’ nazionale e il senso di appartenenza ad uno stato. Tutto questo in nome della globalizzazione che ha il solo scopo di renderci tutti servi e automi.

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