Roma – “(..) In definitiva, l’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, ha contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica. Per questo, ne va dichiarata l’illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 51 e 97“. Così da sentenza della Corte costituzionale di Roma, n. 37/2015 (25 febbraio 2015), in merito ai dirigenti presso l’Agenzia delle Entrate, vale dei “funzionari elevati al ruolo di dirigenti per mancanza di organico pur senza aver partecipato a un normale concorso”, come scrive l’avv.Angelo Greco sul sito www.laleggepertutti.it
“La questione, sollevata inizialmente dal Tar Lazio, aveva poi subito uno ‘stop‘ a causa di una legge sanatoria del 2012”, spiega l’avv. Greco. In seguito il Consiglio di Stato aveva rinviato gli atti alla Corte Costituzionale “perché si pronunciasse in merito e decidesse, una volta per tutte, se è vero o meno che, in Italia, anche i funzionari del pubblico impiego (così come tutti gli altri dipendenti della pubblica amministrazione) debbano sottostare all’obbligo del concorso per accedere ai posti”.
Secondo la Consulta “la questione è fondata”. Difatti, “secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di un’amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio”. “Anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta” dunque «l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso».
“Insomma, questo significa che tutti gli atti che sono stati firmati dai dirigenti (o meglio, funzionari svolgenti funzioni da dirigenti) potrebbero essere dichiarati ‘inesistenti’ (per mancanza di poteri) dalla giurisprudenza. E, con essi, a cadere sarebbero anche le relative cartelle di Equitalia che sono state notificate sulla base di tali accertamenti. Attenzione: la questione riguarda solo le cartelle determinate da atti firmati dall’Agenzia delle Entrate e non, quindi, per imposte locali, contravvenzioni o richieste di pagamento dell’Inps”, spiega l’avv. Angelo Greco.
Redazione Stato
Sarebbe molto grave se l’Agenzia delle Entrate volesse salvare i “dirigenti illegittimi” con una manovra elusiva della sentenza della Corte costituzionale: si tratterebbe di un comportamento degno del peggior evasore fiscale e non di un’Amministrazione tenuta al rispetto assoluto e rigoroso della Costituzione e della legalità. Non possiamo accettare un’amministrazione finanziaria impegnata a proteggere i “suoi”, piuttosto che la legalità.
È vero che l’Agenzia delle Entrate aveva di recente bandito dei concorsi per dirigente (nel 2010 e nel 2014), ma si trattava sempre di bandi grotteschi, scritti verosimilmente con l’intento di farseli annullare da un tribunale amministrativo per poter così continuare indisturbati nella pratica del conferimento di incarichi dirigenziali illegittimi.
Aggiungo che forse più che di “ufficiali”, l’Agenzia ha bisogno di “truppe” qualificate e di pochi dirigenti (veri) che facciano il loro lavoro con dedizione e professionalità.