Ecco a voi la seconda riflessione di Marcello Colopi, sociologo, attore, regista, responsabile dello sportello immigrazione “Stefano Fumarulo” di Cerignola e pPresidente della consulta delle politiche migratorie del comune di Cerignola. Se avete perso la prima, la trovate qui. Buona lettura. (g.i.)
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Spesso, in questo ultimo periodo mi dicono in tono offensivo: “tu sei il solito buonista”. Allora ho cercato di capire cosa significa ciò. Partendo dalla Treccani ho scoperto che buonista significa: Ostentazione di buoni sentimenti, di tolleranza e benevolenza verso gli avversarî, o nei riguardi di un avversario.
Mi sono preoccupato perché ho capito di appartenere ad una indistinta categoria antropologica che va da Gino Strada a Veltroni passando per Babbo Natale. Il tutto nasce da un editoriale del ’95 di Ernesto Galli della Loggia che accusava la sinistra (sì, allora si diceva ancora sinistra) di non saper gestire l’immigrazione a causa del suo “buonismo” e “benaltrismo”. Ma due copertine del Giornale hanno dilatato il termine fino all’estremo. Si riferivano alle stragi di migranti nel Mediterraneo.
La prima a Lampedusa nel 2013 (più di 300 morti), la seconda al largo della Libia nell’aprile del 2015 (oltre 700 morti). Il colpevole, ça va sans dire, è il solito “buonismo.” Il titolo era : 300 morti di buonismo, riferendosi nel 2013 alla tragedia avvenuta al largo di Lampedusa quando un barcone carico di migranti naufragò e per concludere nel 2015 quando in un’altra e più grande tragedia al largo della Libia persero la vita 700 persone. Il Giornale, manco a dirlo, titolò : 700 morti di buonismo.
Nessun altro discorso da allora è possibile: noi buonisti siamo il pericolo vivente di questa società. È colpa nostra se i migranti muoiono in mare o se dei ragazzi muoiono sulle strade perché sfruttati da caporali. La colpa è di questi “buonisti radical chic con il rolex d’oro” (cit. Giorgia Meloni).
Se dei braccianti immigrati muoiono di lavoro la colpa è di chi li sfrutta e li rende schiavi. Lottare contro il caporalato è una lotta per la giustizia di tutti gli uomini che hanno diritto ad un salario giusto: altro che buonismo.
Ecco, cercare di dare un senso di orgoglio di appartenenza alla “ categoria” buonista. Qualcuno ci sta provando : per esempio Umberto Mastropietro, un amministratore aziendale italiano che da trent’anni abita in Germania, ha iniziato a vendere in rete magliette personalizzate con la scritta “Buonista” oppure “Non sono razzista ma prima gli italiani è come dire: Non sono una merda sono prima di tutto stronzo” e cosi via. L’iniziativa, nata quasi per gioco, ha iniziato a crescere così tanto che Mastropasqua ha deciso di devolvere parte dei proventi ad Emergency . Ovviamente con il successo in rete sono arrivate a migliaia gli insulti e le minacce.
Finalmente una bella disquisizione. Sono anch io una vittima di chi usa il termine buonismo in modo dispregiativo. Grazie Marcello